A Landini che annuncia la rivolta sociale.

Landini parla di “rivolta sociale”, commettendo un grave errore politico, dato che potrà anche candidarsi alla guida dell’opposizione di sinistra, ma, temo, possa favorire quanti nel nostro Paese sono disponibili alla guida di “ una donna forte al comando”, per tornare ai tempi in cui la buon’anima faceva “girare i treni in orario”. Ora, però, i trasporti sono nelle mani del ministro Salvini che, quanto a infrastrutture non sembra godere di buona fortuna. La situazione sociale è quella descritta dal Sole 24 Ore, organo di Confindustria: il 10% degli italiani vivono in condizioni di povertà assoluta. Un tempo era la condizione dei senza lavoro, ora colpisce anche molti lavoratori. Insomma, si lavora restando in condizioni di povertà. Quanto alla giustizia fiscale, per evitare lo sciopero delle partite IVA, si concedono condoni continui, mentre lavoratori di pendenti e pensionati pagano l’ IRPEF sino all’ultimo euro, grazie al sostituto d’imposta.

Non mi meraviglia Landini se, già nel 2014, descrivevo la situazione italiana con queste due note che riedito per evidenziare che senza riforme strutturali di sistema non si compiono passi avanti, oggi come ieri.

Buona lettura, Ettore Bonalberti

Venezia, 9 Novembre 2024

Stati generali prima della presa della Bastiglia

La situazione politica, economica, sociale e culturale del Paese non può essere risolta attraverso il patto scellerato del Nazareno e non saranno Renzi e Berlusconi a sciogliere i nodi strutturali che stanno soffocando l’Italia.

Stracciato il precario equilibrio dei tre poteri con il superamento dell’art.68 della Costituzione, assistiamo da troppo tempo allo strapotere della magistratura che, in taluni casi, ha assunto una funzione oggettivamente supplente del vuoto lasciato dalla politica e, in altri, un ruolo esorbitante in grado di esercitare interventi distorsivi del costituzionale potere  primigenio che la costituzione  attribuisce alla sovranità popolare.

Un Paese lacerato che si ritrova, infine, a dover fare i conti con quell’ircocervo dell’Unione Europea, formalmente rappresentato dal Parlamento ubiquitario tra Bruxelles e Strasburgo, e sostanzialmente esercitato dalla Commissione europea e dalle diverse magistrature sovranazionali e, giù per li rami, dalle complesse e articolate tecnostrutture comunitarie.

Se facciamo un confronto tra l’Italia del 1948, quella che poté esprimersi elettoralmente a Costituzione repubblicana approvata, e quella odierna, dovremo riconoscere lo stato di grave degenerazione sistemica cui siamo giunti.

Nel 1948, DC e PCI, i partiti che esprimevano le culture politiche prevalenti del Paese, erano espressione di quasi l’80% dell’intero corpo elettorale, con straordinaria capacità di rappresentanza degli interessi e dei valori delle classi, gruppi sociali e movimenti presenti nella società italiana. Oggi, PD e ciò che resta del Pdl, rappresentano meno di un terzo dell’intero corpo elettorale, considerata l’astensione dal voto di quasi il 50% degli elettori.

Anomalia delle anomalie: un terzo presidente del consiglio non eletto, è il segretario di un partito che rappresenta meno di un terzo dei voti espressi, ossia meno del 15% dell’intero corpo elettorale,  e controlla, di fatto,  l’intero potere di tutte le istituzioni pubbliche italiane.

Pensare che con il patto del Nazareno, da molti considerato scellerato, si possa procedere alle modifiche del sistema costituzionale, attraverso ripetuti colpi d’ariete con l’art.138, da un Parlamento delegittimato e da una maggioranza che è sostanziale minoranza nel  Paese, è semplicemente delirante, frutto della semplificazione di quei due giganti  fiorentini del pensiero politico: Matteo Renzi e Denis Verdini.

Da tempo sosteniamo che serve un cambiamento radicale di sistema che può essere fatto, tuttavia, o democraticamente, con un Parlamento costituente eletto a suffragio universale rappresentativo di tutte le componenti politiche, sociali e culturali del Paese; oppure ci si arriverà, ahimè,  per strade violente e non compatibili con le regole di una democrazia funzionante.

Non saper leggere ciò che accade a livello sociale, economico e culturale nel Paese è il risultato di una pochezza politica delle attuali componenti in campo, ognuna delle quali sta vivendo un travaglio dolorosissimo, solo in parte reso esplicito, ma che, sin dalle prossime elezioni europee è destinato ad esplodere in forme ancora difficilmente prevedibili.

Facciamo nostra l’analisi di Aldo Canovari sulle tre Italie in cui oggi si ritrova l’assetto sociale del Paese:

– “La prima è quella costituita da una cupola di privilegiati (grosso modo, in base ai parametri di calcolo adottati, circa 500 mila – 1.000.000 di persone), che occupano posti elevati in organismi pubblici centrali o territoriali di natura politica, giudiziaria, amministrativa, posti super-retribuiti e per di più sicuri e garantiti. E’ quella stessa cupola che nel corso degli ultimi decenni ha realizzato sperperi e folli deficit.

– La seconda è costituita dal gran numero dei dipendenti pubblici di livello medio-basso, i quali sono pagati poco, costretti spesso, contro la loro volontà, a non essere produttivi, il cui privilegio (non trascurabile) è quello della sicurezza del posto, unita spesso alla gratificazione di poter esercitare un qualche potere sui cittadini privati.

– La terza è costituita da quei tanti cittadini che producono effettivamente ricchezza (piccoli e medi industriali, artigiani, commercianti, professionisti, chi svolge un’attività autonoma in genere e i milioni di individui che lavorano alle loro dipendenze).

Tutti costoro operano nelle condizioni di rischio tipiche di ogni attività privata medio-piccola: fallimento se imprenditori; perdita del lavoro-licenziamento se dipendenti. Li potremmo chiamare, ricorrendo a un’analogia non troppo forzata con la situazione dell’Ancien régime intorno agli anni 1760-1786, membri servili della società, soggetti alla cosiddetta taglia reale, in quanto sudditi di rango inferiore.”

Una teoria dei tre stati che trova il suo corrispettivo nello sgretolamento della rappresentanza sociale, culturale e politica degli interessi e dei valori di riferimento di quegli stessi attori sociali. Prima, i grandi partiti esprimevano le culture prevalenti esistenti in Italia e rappresentavano gli interessi di blocchi sociali omogenei e consistenti; oggi, rischiano di rappresentare solo la parte prevalente della prima classe, quelli della casta, una parte minoritaria della seconda, quella dei diversamente tutelati, mentre” il terzo stato” è ridotto ad astenersi o a farsi rappresentare, un tempo dalla Lega, e adesso dal Movimento Cinque Stelle.

Servirebbero i Voltaire, Diderot e D’Alambert dell’89, in grado di dare voce e autorevolezza a questo moderno “terzo stato”; si tenta, invece, di far passare  la vulgata del Nazareno, e la prova del nove si avrà con le elezioni europee del 25 Maggio.

Credo che gli italiani non si faranno gabbare, avendo consapevolezza che, allo stato in cui siamo giunti, servirà, prima  gli stati generali ( elezioni politiche senza i trucchi dell’Italicum) e poi, la riforma della Costituzione e dell’intero assetto dello Stato in una nuova Europa. Passaggi indispensabili se vogliamo evitare che, dopo gli stati generali, arrivi la Pallacorda e poi, la presa cruenta della Bastiglia…….

Ettore Bonalberti

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Venezia,16 aprile 2014

Una miscela esplosiva

La grave crisi economico finanziaria e politico sociale dell’Italia sta facendo saltare il fragile equilibrio su cui si è retta sin qui la realtà italiana.

Finite le grandi culture del dopoguerra che avevano saputo saldare gli interessi della classe media con quelli delle classi popolari, merito storico più alto della Democrazia Cristiana, del PCI, PSI, e dei partiti di ispirazione laico-liberale e dello stesso MSI almirantiano, ci ritroviamo in  una situazione di totale anomia, forte disorientamento e diffusa frustrazione individuale e collettiva.

Alle tre classi oggetto di precedenti analisi: la prima, quella costituita da una “cupola di privilegiati” (grosso modo, in base ai parametri di calcolo adottati, circa 500 mila – 1.000.000 di persone), che occupano posti elevati in organismi pubblici centrali o territoriali di natura politica, giudiziaria, amministrativa, posti super-retribuiti e per di più sicuri e garantiti. E’ quella stessa cupola che nel corso degli ultimi decenni ha realizzato sperperi e folli deficit;

la seconda, quella dei cosiddetti “diversamente garantiti” è costituita dal gran numero dei dipendenti pubblici di livello medio-basso, i quali sono pagati poco, costretti spesso, contro la loro volontà, a non essere produttivi, il cui privilegio (non trascurabile) è quello della sicurezza del posto, unita spesso alla gratificazione di poter esercitare un qualche potere sui cittadini privati. Ad essi vanno pure aggiunti  i pensionati sia del settore pubblico che privato;

la terza è costituita da quei tanti cittadini che producono effettivamente ricchezza (piccoli e medi industriali, artigiani, commercianti, professionisti, chi svolge un’attività autonoma in genere e i milioni di individui che lavorano alle loro dipendenze), bisogna aggiungerne una quarta:

 “il moderno quarto stato”, rappresentato dal vasto settore dei precari (3,3 milioni), disoccupati (3,290 milioni), esodati (260.000), cassaintegrati ( alla fine del 2013 oltre 1.100.000 domande presentate ) .

Il terzo stato, l’unico producente effettiva ricchezza, dalla quale deriva il differente sostentamento di tutte le altre classi, sta vivendo una crisi senza speranza; una crisi che sta producendo calo del PIL, chiusure continue di attività produttive, licenziamenti, delocalizzazioni ed episodi sempre più diffusi di drammatici suicidi di piccoli e medi imprenditori.

Quando questo terzo stato non fosse più in condizione di far fronte ai propri e dovuti adempimenti fiscali (IVA.IRPEF, oltre alla miriade di tasse e imposte generali e locali che, complessivamente hanno largamente superato il 50 % dei redditi prodotti), basterebbe un calo delle entrate nelle casse dello Stato in uno dei trimestri di scadenza dell’IVA, per far saltare il sistema.

Si corre, infine, il rischio di una saldatura oggettiva di interessi tra il terzo e il quarto stato con la formazione di una miscela esplosiva  alla quale c’è solo un modo per evitare la rivolta sociale:

  1. cambiare la rotta della politica economica, che è stata sottratta all’autonoma competenza dello Stato da illegittimi e nulli regolamenti comunitari, con la riduzione della pressione fiscale e il taglio drastico della spesa pubblica e la messa in vendita del patrimonio pubblico disponibile;
  2. ricostruire la politica complessiva economica, finanziaria e monetaria dell’Europa a partire dall’attribuzione alla BCE del compito di prestatore di ultima istanza e stampatore di moneta, lo voglia oppure no frau Merkel, pena la fine assai più traumatica della stessa Unione Europea.

Sul piano istituzionale italiano, invece, e subito dopo le elezioni europee di Maggio servirebbe senza indugio convocare gli stati generali che, nell’attuale ordinamento repubblicano, significa indire  una nuova assemblea costituente, o eleggere un nuovo parlamento con funzione costituente.

Svanite le speranze che componenti rilevanti dei ceti produttivi, specie nel Nord, avevano riposto nella Lega agli inizi degli anni’80, e delusi dal fallimento del “ miracolo berlusconiano” dell’ultimo ventennio, terzo e quarto stato, con porzioni significative dei “ diversamente garantiti” si sono sin qui rifugiati nell’astensionismo elettorale e nel voto di protesta grillino.

Tentare di esorcizzare il Movimento Cinque Stelle con gli assurdi e improvvidi riferimenti al nazi fascismo (vedi Berlusconi e Vendola) assomiglia molto a quell’anticomunismo alla “Candido”, secondo cui  i comunisti “mangiavano i bambini”.

Il 25 Maggio assisteremo allo tsunami della politica italiana e ciò che si determinerà al posto dell’unità dei moderati, ancora una volta incapaci di sintesi, sarà la saldatura degli arrabbiati dalle cui attese e bisogni si dovrà necessariamente ripartire con il rilancio di una rinnovata speranza di matrice popolare.

Ettore Bonalberti

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Venezia, 18 Maggio 2014

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