ARCHIVIO INTERVENTI

Alcune note di politica economica del sen Grillo

“Chiuso l’accordo sul nuovo Patto di Stabilità a Bruxelles , si apre ,  per l’esecutivo  di Giorgia Meloni la stagione della  cinghia stretta “ così titolava ieri un importante quotidiano economico. 
Questo perché con  le nuove regole ogni mossa del Governo in carica dovrà prima essere vagliata  e approvata  dalla Commissione Europea. Sempre a Bruxelles  hanno  fissato il percorso del rientro  dal deficit  e dal debito. Occorre tener presente quattro date  per capire quanto sia complicata la situazione  dei nostri conti pubblicj : il prossimo 15 febbraio ,il 13 giugno,il 21 giugno,e il 20 settembre. 1.     Nei prossimi giorni la Commisione Europea renderà pubblici  i dati delle previsioni economiche invernali e , quasi certamente ,verrà confermata  una contrazione  della crescita per tutta l’Unione e anche per l’Italia. ( prospettiva  confermata ieri dal governatore Fabio Panetta al Forex di Genova)  2.     La seconda data  è quella del 13 giugno, subito dopo le elezioni europee l’esecutivo  europeo uscente renderà note  le procedure per il deficit  eccessivo e l’Italia sarà nell’elenco dei Paesi cosidetti “cattivi” assieme alla Francia. Per il nostro Paese questa ammonizione accompagnata  da un debito altissimo ( e’ il secondo in Europa ) equivale ad un campanello di allarme  che ci obbliga a rinunce espansive sul piano della spesa pubblica. 3.     La terza data quella  del 21 giugno : la Commissione Europea  dovrà presentare ,in base al nuovo Patto di Stabilità gli obiettivi  di aggiustamento  dei conti pubblici a medio termine. Così nel concreto verrà indicato come e quanto  dovrà ridursi  il deficit ma anche il debito per i successivi quatto anni. 4.     A quel punto l’Italia entro il 20 settembre dovrà  formulare un piano pluriennale di spesa  che sia in grado di garantire il rispetto  in quattro anni ( estendibili a 7)  del deficit  al di sotto del 3 per cento. Con queste premesse appare logico affermare  che nel prossimo futuro le scelte per la politica di bilancio l’Italia dovrà concordarle con Bruxelles. E il Governo in carica dovrà collocare le sue scelte all’interno di questa cornice finanziaria.                                                                            ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^  “ Si sta rapidamente  avvicìnando il momento di una inversione di rotta  nell’orientamento della politica monetaria” ha affermato Fabio Panetta governatore della Banca d’Italia in un assai apprezzato intervento al Forex di Genova. Sull’allentamento  della politica monetaria Panetta ha raccomandato  di guardare i numeri  e sulla base  di quelli lasciarsi andare a valutazioni. “Resta il fatto che i timori sollevati nel passato circa i rischi  del  caro prezzi si stanno rivelando infondati “ Ancora Panetta “ Oggi  la probabilità  che un ipotetico rafforzamento  della dinamica salariale  dia  il via a una tardiva  rincorsa salari – prezzi è sicuramente esigua.Un  qualche recupero  del potere di acquisto dei salari  e’ fisiologico e potrà sostenere i consumi e la ripresa economica.”                                                                        ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^  La settimana appena trascorsa è stata la settimana delle banche. L’Unicredit  ha comunicato  risultati da sballo,Intesa San Paolo  ha diffuso numeri da record ,Monte Paschi  ha registrato un utile inusuale,Banco Popolare di Milano continua ad essere considerata  una banca come un  buon  partito con cui convolare a nozze. Non si capisce perché in tale contesto la politica, taluni gruppi parlamentari,,il Governo in carica , non si rendono conto che l’Italia , come la Germania,e’ un Paese bancocentrico , un Paese cioè dove le Banche sono l’unico canale di finanziamento a sostegno del sistema produttivo.  Luigi Grillo 12 febbraio 2024   Due note del sen Luigi Grillo: sul progetto di premierato e sulle prossime nomine del governo. L’ex Presidente della Camera dei Deputati in una assai pregevole intervista apparsa sul Corsera di oggi, fornisce ulteriori e puntuali argomenti sulla proposta del Governo Meloni di modificare la Costituzione introducendo il premierato. “Dare più stabilità al governo è in sè positivo, anche se quando ci sono maggioranze rilevanti la stabilità dovrebbe essere garantita” “Il premierato a me pare un modello superato, che va bene per le società pacificate, quelle attuali non le sono, hanno bisogno  di un arbitro.” Aggiunge Violante. “Ma l’arbitro non può farlo chi e’ capo di una parte. Le riforme istituzionali non servono a regolare i rapporti trai partiti, ma a governare la società e quindi  devono misurarsi sulle caratteristiche della società.” “Ora un arbitro c’è – aggiunge Violante – e’ il Presidente della Repubblica , ma se le sue funzioni  saranno politicamente  ridimensionate  si rischia  l’instabilità moltiplicando i vertici. Avremmo cosi un Presidente  eletto dal popolo , un capo dello Stato   eletto dal Parlamento e anche una terza  figura , l’antagonista  di maggioranza.” (Violante) C’è da sperare che quando il disegno di legge inizierà il suo percorso nelle Commissioni Parlamentari e in aula prevalga il buon senso e la razionalità. Se proprio si vuol mettere mano ad una riforma costituzionale che incida sulla governabilità del nostro Paese e sugli assetti di vertice della Repubblica il modello  tedesco a me pare il più facilmente adattabile.                                                                      ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^  Il Governo Meloni e’ alla vigila di importanti decisioni : dovrà far conoscere con i fatti la sua concezione riguardo l’intervento pubblico in economia ! Un tempo ( Prima Repubblica ) c’era il Ministero delle Partecipazioni Statali ,c’erano gli enti di Gestione (IRI – ENI – EFIM) c’erano le finanziarie  ( Finmeccanica, Fincantieri, Finsider ed altre minori) . Oggi c’è la CDP ( Cassa Depositi e Prestiti ) che “ tiene in pancia “ una quantità rilevantissima di partecipazioni in società pubbliche. Qualche giornale mettendo insieme  incarichi diretti,  ma anche incarichi  di indiretta competenza del Governo,  è arrivato a prevedere 500 incarichi da conferire  ai diversi livelli decisionali nelle prossime settimane. Per evitare future e prevedibili polemiche sarebbe opportuno che il Governo prima di procedere all’indicazione dei prescelti indicasse, senza fare ricorso a strumenti legislativi, i criteri, i requisiti di professionalità , di idoneità, le incompatibilità ai fini del conferimento degli incarichi. “Soprattutto l’esecutivo trarrebbe un beneficio per la sua credibilità valutando l’autonomia intellettuale e di comportamento dei nominati nell’ambito  del perseguimento degli interessi dell’impresa  coerentemente con quelli generali. Un punto importante sarebbe l’esame  dell’opera svolta dagli esponenti di vertice  durante i mandato che adesso viene in scadenza:” ( Angelo De Mattia) Per citare un modello può essere esemplare la gestione di   Dario Scannapieco, AD di Cassa Depositi e Prestiti, persona assai apprezzata  e conosciuta a livello europeo e internazionale  che merita, anche per i risultati conseguiti, di essere confermato nel ruolo.  Luigi Grillo  8 febbraio 2024 

Pubblichiamo il comunicato finale degli amici di Iniziativa Popolare, catalizzatori del progetto di ricomposizione politica dell’area cattolica: democratica, liberale e cristiano sociale

Comitato di Coordinamento Nazionale

dei Popolari Democratici Cristiani

Dopo le riunioni svoltesi il 20 dicembre 2023, il 10 e 17 gennaio 2024, le sigle e personalità politiche di Democrazia Cristiana, Salvatore Cuffaro, Renato Grassi, Sergio Marini; Unione Cristiana, Domenico Scilipoti Isgrò; Nuovo CDU Cristiani Democratici Uniti, Alef Ass. dei Liberi e Forti, e Iniziativa Popolare, Mario Tassone, Ettore Bonalberti, Mattia Orioli, Vitaliano Gemelli; Rinascita Popolare, Publio Fiori, hanno dato vita al Comitato di Coordinamento Nazionale dei Popolari Democratici Cristiani.

Il compito e lo scopo del suddetto comitato è quello di coordinare e gestire il processo ed il percorso ri-aggregativo dell’area politica dei Democratici Cristiani e Popolari Italiani, dopo la diaspora avvenuta nel 1993 – 94, per dar vita alla ritrovata unità, non solo in termini di sostanza ma anche di forma, organizzazione e definitiva rappresentanza e relativa immagine.

Il Comitato è aperto a tutti coloro che vorranno aderire e farne parte, con la volontà e l’intento di contribuire alla ricomposizione dell’area politica suddetta, sia a livello Nazionale che locale, avviando così un percorso di dialogo, volto a coadiuvare anche nei territori il processo di riaggregazione.

Quest’area è composta da un tessuto culturale e politico fatto di tante realtà e pluralità di vedute e di idee, alcune delle quali, quella democratica, liberale e cristiano sociale, ed altre ancora, che da sempre si sono contraddistinte per impegno e capacità di proposta, pur nelle diverse sfumature e nei vari distinguo, ma sempre profondamente legate dalla stessa Ispirazione Cristiana e dalla stessa storia politica di riferimento.

Oggi, si è aperta una nuova e terza fase di rinascita,  di questa grande storia politica, che vuole confermare il concetto di unità nella pluralità, e per questa ragione ,si è sentita la forte necessità di far sorgere il comitato suddetto e di lanciare appello alla partecipazione ed alla ricostruzione di questa grande area politica.

I principi fondanti del comitato, si saldano nell’identità e secondo la storia, la tradizione, ed esperienza del PPI (Partito Popolare Italiano) e della DC (Democrazia Cristiana), quali formazioni laiche ad Ispirazione Cristiana e Democratico Popolari.

Questo progetto, si pone anche come un momento di propulsione, perché il primato della politica possa essere recuperato, favorendo ed aprendosi ad al confronto e al dialogo con tutti.

Per questo motivo, dopo la nascita del comitato suddetto, abbiamo subito interagito con le altre iniziative che guardano al centro, tra cui quella di Piattaforma 2024 e di Tempi nuovi e siamo pronti a confrontarci anche con altri.

E proprio con Piattaforma 2024, abbiamo aperto  un dialogo costruttivo che ci auspichiamo a breve possa portare alla costruzione di un tavolo comune di confronto e nella reciprocità e parità dei rapporti.

Riteniamo per questo importante salvaguardare la nostra Identità valoriale e politica, che per noi non è negoziabile, ed alla quale non intendiamo rinunciare, non vogliamo dissolverla in altre storie politiche, ma al contempo vogliamo aprire comunque un dialogo fattivo e costruttivo, affinché si possano ricreare e ricostruire quelle condizioni politiche che hanno fatto risorgere l’Italia e l’Europa dopo il secondo conflitto mondiale.

Vediamo il cd. centro, non come un mero spazio geometrico, vuoto, perimetro di opportunità egoistiche, personalistiche o elettorali, ne tantomeno uno spazio confuso o indefinito di mescolanze politiche indefinite, lo vediamo invece come punto d’incontro di culture di storie politiche anche diverse, ma contraddistinte da valori, progetti comuni in grado di ridare al paese una speranza; È tempo di uscire dalla radicalizzazione dicotomica destra-sinistra, che tanti danni ha portato al Paese, per ritrovare la dimensione e il metodo interclassista, che ha saputo interpretare nel passato la volontà popolare, garantendo la stabilità dei programmi di governo e la costruzione del Paese moderno; Per questo, il centro, oggi, è orfano di una delle sue colonne portanti e fondamentali, quella dei Popolari Democratici Cristiani per via della diaspora e della relativa divisione.

Per tali ragioni a prescindere dall’auspicabile possibilità di ritrovarsi uniti in un progetto elettorale, già a partire dalle prossime Elezioni Europee, il nostro impegno e progetto guarda al futuro ed ha come stella polare la ricomposizione suddetta e la ritrovata unità.

Oggi per noi è tempo che i “Liberi e Forti” tornino di nuovo uniti e insieme, come chiedeva Don Sturzo nel manifesto del 1919.

Per queste ragioni ed altre, lavoreremo e contribuiremo a favorire anche un progetto politico – culturale che ridia vita ad una nuova Camaldoli, affinché  la politica, torni ad essere sostanza, forma e qualità, nella sua proposta, per una ritrovata nuova stagione, di vera e buona politica, per il paese, per l’Europa e per il Mondo intero.

Roma li 3 Febbraio 2024.                                                     Comitato di Coordinamento Nazionale

dei Popolari Democratici Cristiani

 Sulla proposta del governo Meloni di cedere il 4% di ENI interviene il dr Alessandro Govoni, 

esperto finanziario, già CTU del Tribunale di Cremona

I Comuni mettono i velox perché non hanno i soldi.

E’ un gioco tra poveri.

 Intanto J.P. Morgan ( Rothshikd /Rockfeller) realizza un utile semestrale di 4.000 miliardi di dollari.  Sono gli interessi che incassa dagli Stati sui  rispettivi titoli pubblici.

 L’ Italia ha un debito pubblico,  accumulatosi in 50 anni,  di interessi pagati ai cd investitori istituzionali ( ai  fondi dei Rothshild /Rickfeller)

di 2.500 miliardi  euro. Debito.

 La Meloni vuole vendere il 4% di Eni a J.P. Morgan.

 Qualcuno dovrebbe spiegare  alla Meloni  cosa vuol dire vendere il 4% di Eni al ” mercato”,  cioè a  J.P. Morgan.

 Significa  rubare i risparmi a 300.000 piccoli  risparmiatori  italiani che hanno creduto in Eni,

 significa fottere Eni, la più grande industria italiana e la più invidiata al mondo, indice di efficienza, capacità e tecnologia che non ha eguali al mondo.

 Si e’ imparato che con i coglioni, non bisogna  usare le belle maniere per far loro capire, i coglioni vanno trattati da coglioni .

 Se la Meloni cede il 4% di EnI,  e’ un’incompetente,significa che e’ attorniata da Ministri incompetenti. 

 Lo Stato italiano ha oggi il 51% di Eni attraverso Cassa Depositi e Prestiti, il 25% e’ detenuto da 300.000 piccoli azionisti italiani, i fondi esteri speculatori dei Rothshild /Rockfeller (J.P. Morgan) hanno solo il 24% del capitale Eni. 

 Questo assetto ha finora permesso che Eni non cadesse nella speculazione internazionale perché se anche  gli  hedge fund dei Rithshild/Rockfeller avessero rastrellato con vendite allo scoperto  il 25% dei piccoli risparmiatori italiani,  avrebbero avuto solo il 49% perché il 51% sarebbe stato sempre dello Stato Italiano.

 Ora,  se lo Stato cedesse il 4%  di Eni al cd  mercato (a J.P. Morgan),lo Stato italiano (CDP)  passerebbe al 47% e i Fondi Rothshild / Rockfeller prendendo in prestito le azioni dei piccoli azionisti italiani, passerebbero al 53%,

potendo così iniziare a mangiarsi il titolo, facendolo cadere, sottraendo così il risparmio ai piccoli 300.000 piccoli azionisti italiani che hanno investito in Eni.

Chi può trasmetta questo messaggio alla Meloni,  si fara’ del nostro meglio per farglielo recapitare, che non passi per la più grande testa di Melone  della storia Italiana, quella che e”riuscita a far cadere ENI in mano agli speculatori internazionali,  che si prenderanno l’ eccezionale, unico,  know  how di  ENI quello difeso col sangue da Mattei e da  Aldo Moro,

che delocalizzeranno ogni attività  italiana  di ENI creando milioni di disoccupati in tutti i settori perché Eni e’ trasversale a tutti i settori.

Alessandro Govoni

23 Gennaio 2024

Il pensiero del sen Luigi Grillo sull’abolizione del reato di abuso d’ufficio

L’approvazione in Commissione Giustizia al Senato dell’abolizione del reato di abuso d’ufficio ha suscitato polemiche, a mio parere, esagerate. Si è parlato di un colpo di spugna, del tentativo di minare la credibilità dei magistrati,e lo si è fatto  con la  “ tracotanza propria  della peggior politica che sta restituendo a se stessa  l’ebrezza  di essere finalmente  libera dal controllo  di legalità “ ( Carlo Bonini – La Repubblica )

A  costoro occorre ricordare  che le statistiche stilate da organismi  internazionali indicano proprio nel degrado della giustizia italiana il motivo che  scoraggia gli investitori esteri a scommettere  sull’Italia.

La giustizia italiana  non è solo inefficiente  è ,anche,  ingiusta e partigiana  perché ideologica  e costituisce dal 1992  un fattore di inquinamento  del quadro politico.

Tangentopoli non e’ stata  solo una grande inchiesta penale, ma anche un profondo  riassetto nei valori del quadro politico. Proprio la falsa rivoluzione del 1992 ha dato il via  ad una nuova “ costituzione materiale” che ha affidato alla magistratura un compito che non le appartiene.

Una specie di sorveglianza “etica” delle istituzioni politiche. Recentemente il Prof. Sabino Cassese  ex Presidente della Corte Costituzionale ha dichiarato :

“ La situazione della giustizia oggi in Italia  è peculiare.”

“Da un lato  si assiste ad una dilatazione del ruolo dei giudici , dall’altro ad una crescente  inefficienza della giustizia. Molti osservatori concordano sul fatto che la magistratura sia diventata parte della governance  nazionale, che vi sia una indebita invasione  della magistratura nel campo della politica e dell’economia, che in qualche  caso la magistratura  cerchi persino  di prendere il posto della politica controllando ,oltre ai  reati, anche i costumi ,stabilendo  rapporti diretti con l’opinione pubblica e con i mezzi di comunicazione , con una presenza continua nello spazio pubblico.”

“Nella situazione così descritta un posto particolare  hanno acquisito proprio le procure tanto che molti esperti parlano  di una”Repubblica dei PM.”In tale contesto si inserisce l’iniziativa del Ministro della Giustizia Nordio. Un magistrato  assai preparato e competente  che spesso  ha dichiarato  “ le mie idee e i miei propositi  li scrivo e li difendo da oltre 25 anni e derivano  proprio dal desiderio di avere una giustizia più efficiente  e dal grande rispetto  per la Magistratura di cui mi sento ancora di far parte.”

Richiesto di un commento sull’abolizione del reato di abuso di ufficio il Ministro Nordio ha risposto :

“ Tutti i sindaci  e gli assessori ne sono oppressi senza aver  mai fatto  nulla di male ; perché  il cittadino è la vittima  finale di queste amministrazioni”

“ Ma se su 5.000 processi istruiti in questi ultimi anni sono arrivate solo e soltanto 9 condanne significa che la norma –  dopo 20 anni di cambiamenti e modifiche – è stato un vero fallimento .”

11 gennaio 2024

Luigi  Grillo

Ex Senatore

Le capriole di Giorgetti e il MES

Le ripercussioni della bocciatura della ratifica del MES da parte del Parlamento sono rilevanti dal punto di  vista politico.  Altra cosa e’ il profilo delle conseguenze pratiche almeno per ora.

Sotto il primo profilo non è agevole la posizione del solo Paese dell’Ecofin che non ha ratificato l’accordo, con un Ministro dell’Economia che dichiara che invece lo avrebbe approvato ma che ha capito  che “ non era l’aria “ per la ratifica da parte dell’Italia e adesso afferma di aspettarsi reazioni a livello  europeo.

Una linea politica decisamente contradditoria che indebolisce e non di poco il Governo Meloni.

Cio’ che è venuto meno in questa vicenda è stato il mancato aggancio con il progetto dell’Unione Bancaria  varato nel 2014 e oggi largamente incompiuto.

Se la riforma del MES riguarda in primo luogo la sua funzione di paracadute del Fondo Unico di risoluzione degli istituti di credito in dissesto sarebbe stato più logico che si esaminasse il tutto assieme :

– Il MES, la direttiva sul bain _ in e la normativa sulla risoluzione per arrivare a proteggere davvero il  nostro sistema finanziario e produttivo.

Specie per un Paese come l’Italia che è un Paese bancocentrico dove il ruolo delle banche è dominante  come in Germania e dove si è inserito nella nostra Costituzione l’art.47 che tutela e ha sempre tutelato il  risparmio e dove in virtu’ di tutto ciò mai un depositante ha subito un centesimo di perdite anche quando  una banca è entrata in difficoltà.

Con riferimento all’Unione Bancaria non è tollerabile la resistenza della Germania all’introduzione  dell’assicurazione europea dei depositi , dopo l’accentramento della Vigilanza in capo alla BCE e la insoddisfacente normativa sulla risoluzione.

Sono questi stretti collegamenti con il MES che andavano gestiti nella trattativa e imposti nell’interesse  dell’intero sistema finanziario italiano ed europeo.

Tutti hanno capito che queste posizioni sono state imposte dalla linea intransigente di Salvini che  tuttavia, e’ bene ricordare , in Europa non sembra avere molto consenso.

Hanno ragione coloro che osservano che chi ha votato nel 2022 Fratelli d’Italia “ nella speranza di  favorire la nascita di un moderno partito conservatore “ oggi assiste al ritorno del “ salvinismo” con una  Lega che impone la sua linea pur non avendo più il 34 per cento come nel ’19 . Imboccando su questa strada il rischio concreto e’ trascinare il nostro Paese su posizioni conflittuali con la maggioranza dei Paesi della UE, e quindi rimanere isolati e non più nel gruppo di testa con  Germania, Francia e Spagna.

Luigi Grillo

27 dicembre 2023

Debito pubblico e prestito non forzoso

Continuo a pensare che la manovra di Bilancio varata dal  Governo Meloni sia stata una manovra realistica,  pesantemente condizionata  da fattori esterni . La prudenza ha prevalso , soprattutto rispetto alle promesse elettorali dei partiti di centro destra di allargare i cordoni della borsa.

C’è un contesto internazionale pieno di incertezze . Le previsioni del Governo Italiano – dobbiamo dirlo – non coincidono però  con le valutazioni della Commissione Europea.

Il Governo Meloni sulla crescita nel 2024 immagina che sarà dell’1,2 per cento mentre Bruxelles prevede uno 0,9 per cento ; il Governo per quanto riguarda il deficit prevede il 4,3  per cento  mentre la Commissione Europea il 4,4 per cento.

I dati più preoccupanti però riguardano il debito pubblico.

Mentre  nei prossimi due anni  Roma lo vede stabile  attorno al 140  per cento , Bruxelles  lo vede crescere  di oltre  un punto fino ad arrivare  al 141 per cento.

Alla fine del 2025 , dice la Commissione Europea ,  la maggior parte dei Paesi  avranno  un rapporto  debito / PIL  inferiore a quello   del 2022.

I Paesi periferici  registreranno le riduzioni del debito pubblico  più consistenti :

⁃  25 punti  per la Grecia,

⁃  19 punti  per Cipro,

⁃  15 punti per il Portogallo

⁃  5   punti per la Spagna

Mentre l’Italia nel prossimo biennio il debito pubblico  crescerà  di un punto. A questo passo  nel 2026  potrebbe esserci  il “sorpasso”  cioè  il rapporto  debito / PIL  dell’Italia potrebbe superare  quello della Grecia diventando così il più alto d’Europa.

E così il debito pubblico italiano dal 139,8 per cento del PIL  del 2023 passerebbe  al  140,9 per cento nel 2025.

Il Governatore della BIT Vincenzo Visco intervenendo alla  Giornata Mondiale del Risparmio ci ha ricordato che :

“l’economia italiana dispone di fondamentali  nel complesso solidi.”

“La disponibilità di risparmio privato è elevata, l’indebitamento delle famiglie è pari al 60 per cento del reddito disponibile  a fronte  di una media nell’area dell’EURO superiore  al 90 per  cento.2

“Quello delle imprese si colloca intorno  al 65 % del PIL a fronte di una media del 100 per cento” “Il nostro sistema produttivo mostra vitalità  e capacità di competere sui mercati globali”Considerato che l’Italia  è in Europa il Paese con il patrimonio immobiliare fungibile più rilevante ( oltre i 3.000 MDI di Euro), mi stupisce una mancanza di iniziativa del Ministro dell’Economia Giorgetti  che dovrebbe,come più volte mi sono permesso di suggerire,recuperare il progetto  del Ministro G.Guarino (Governo Ciampi 1993) lanciando un prestito non forzoso finanziato dagli italiani e garantito  da parte del patrimonio immobiliare dello Stato.

Si dovrebbe recuperare quel progetto rendendo la proposta di questa emissione più appetibile per i risparmiatori  con il riconoscimento di un sistema fiscale di favore.

 Luigi Grillo

17 nov 2023

Le parole del FMI, di Moody’s e di Draghi e alcune note del sen Luigi Grillo

“La manovra  del Governo Meloni non spinge la crescita. “

Lo dice il Fondo Monetario Internazionale  confermando  la previsione di un PIL allo  0,70 %  contro il 1,2%  di Palazzo Chigi per il prossimo anno.

“L’Italia dovrebbe aumentare  la produttività  e lavorare  duro per spendere bene  i fondi del PNRR” ,suggeriscono da Washington.

“L’Italia dovrebbe  essere più ambiziosa  e pensare a riforme di bilancio strutturali  e favorevoli  alla crescita. Che però non sono previste nella manovra.” (FMI)

Il 17 novembre p.v. l’Agenzia Moody’s  si pronuncerà  sul debito italiano,il 21 p.v. la Commissione Europea pubblicherà la sua opinione  sul progetto di bilancio per il 2024. mentre il giorno successivo  vi sarà l’incontro tra la premier Meloni e il Cancelliere  tedesco  Olaf  Scholz.

In tale contesto Mario Draghi, intervenendo ad un convegno a Londra ,ha strigliato l’Europa con affermazioni che meritano il massimo di attenzione e di condivisione.

“ L’Europa affronta una sfida esistenziale – ha dichiarato Draghi – L’ordine  globale in cui è nata  ed è cresciuta finora,garantito dalla protezione militare degli USA , dall’energia  a basso costo russa, e dal commercio con la CINA,  si è sgretolato. Di fronte a  questo  cambio di paradigma politico ed economico fermarsi all’esistente la condannerebbe all’irrilevanza.”

“O l’Europa  agisce insieme e diventa un’Europa più profonda,capace di esprimere  una politica estera e di difesa oltre una politica economica,oppure – dice Draghi – ho paura che non sopravviverà se non nella forma di un mercato unico:”

Draghi, a cui la Commissione Europea ha affidato l’incarico di redigere un rapporto  che suggerisca come  affrontare uno dei principali  problemi dell’Unione , la sua competitività in declino rispetto alle altre grandi potenze  che investono  miliardi in una corsa al primato industriale  hi-tech ha aggiunto  “ l’economia europea  sta perdendo competitività da oltre venti anni, non solo rispetto agli USA ma anche rispetto  a Giappone,Corea del Sud, e Cina.”

“Bassa produttività , alti costi dell’energia, e mancanza di forza lavoro qualificata, tutti problemi che richiedono  una risposta comune  mentre al momento  i singoli Paesi europei  vanno in ordine sparso ognuno  con le risorse di cui dispone.”

“Per avere un’economia  capace di supportare  una società che invecchia  al ritmo della nostra occorre una produttività molto più alta .”

Ritengo che queste dichiarazioni di Mario Draghi possano essere  di stimolo alla vigilia della  campagna elettorale per i rinnovo del Parlamento Europeo.

Mai come nel passato il Parlamento Europeo assumerà una funzione trainante e strategica per futuro della UE.

Mai come nel passato gli elettori e le elettrici saranno chiamati a scegliere un personale politico capace esperto e motivato da mandare a Bruxelles dove si decideranno il futuro dell’Europa e dell’Italia.

10 novembre 2023

Luigi Grillo

Il sen Luigi Grillo sul progetto di riforma costituzionale

La premier Melloni nel corso della conferenza  stampa con cui ha illustrato il disegno di legge di riforma del potere esecutivo  , ha parlato di avvio della Terza Repubblica.

Progetto assai ambizioso a cui non sembra, da una prima lettura  del testo circolato sui mass media, corrispondere una proposta all’altezza  della situazione.

La Premier Meloni poteva prendere a modello i due  sistemi elettorali  esistenti e collaudati : quello Presidenziale americano o francese, quello del Cancellierato tedesco.

Ambedue i modelli hanno dato ,in forme e intensità diverse , stabilità  ai governi dei loro Paesi.

La Meloni ,dopo aver ricordato , che l’attuale assetto costituzionale  ha generato 68 Governi in 75 anni,ha scelto una terza strada; una terza strada che, ideata per  dare più poteri all’esecutivo, sembra invece  una ricetta  che produrra’ confusione  e caos.

La Meloni ignora ,purtoppo, che nella Prima Repubblica dal 1948 al 1992  si sono alternati alla guida del Paese tanti Governi con leader diversi  che – pero’ – avevano un indirizzo politico unico e stabile ( con un protagonismo autorevole della DC e dei suoi alleati PRI – PSDI – PLI PSI ) , tanto che da Paese distrutto e svergognato dalla guerra,un Paese senza giacimenti petroliferi,senza miniere di carbone siamo diventati e siamo ancora oggi la settima potenza mondiale sul piano economico e finanziario.

Il PIL Italiano e’ superiore a quello russo,il reddito procapite dei cittadini russi e’ assai inferiore  al reddito procapite degli italiani.

Il modello a cui sembra essersi ispirata la riforma Melloni è  quello del Sindaco d’Italia con il correttivo  di consentire la possibilità di un cambio del Premier all’interno della stessa maggioranza prima di ricorrere  a nuove elezioni.

Certamente la riforma deve dare stabilità  al premier e al suo governo  per tutto il periodo della legislatura, ma nel contempo  deve mantenere un corretto equilibrio tra i poteri  costituzionali.

In particolare tra quello esecutivo e quello del Parlamento che deve rimanere l’organo  di controllo dell’esecutivo  e sede del potere legislativo.

Avere un premier eletto  direttamente dal popolo  conservando un  Capo dello Stato  dotato  dei poteri di gestione delle crisi è pressochè impossibile!

Nessun al mondo ci è riuscito!

Se dai troppo poteri al premier trasformi il Presidente  della Repubblica in un soprammobile.

Se lasci  quei poteri al Capo dello Stato  ma gli togli quello più grande e cioè la fonte di legittimazione perché il premier è eletto dal popolo  e lui no,provochi nella migliore delle ipotesi uno stallo del sistema nella peggiore un conflitto permanente.

Se lasci formalmente intatte le prerogative del Quirinale e non si danno al premier  i poter forti che invece hanno i sistemi a “ governi forte”e cioè Gran Bretagna,Germania,Spagna, il nostro Primo Ministro potrebbe andare in giro indossando la  corazza dell’investitura  popolare,ma senza il bastone per dirigere autorevolmente la sua maggioranza.

Dovendo garantire un minimo di flessibilità al sistema  nella proposta di riforma non c’è  l’automatismo  tra la caduta  dell’eletto dal popolo  e lo scioglimento delle Camere.

Quando  il premier  viene messo in minoranza  può essere sostituito  da un secondo  premier purche’ parlamentare  della stessa maggioranza che ha vinto le elezioni.

Quanti voti  dovrebbe prendere  il premier  per risultare eletto ?

Nella proposta di legge non viene precisato.

Il testo del provvedimento legislativo si limita a dire  che chi vince prende il 55%  dei seggi.

E rinvia il tutto ad un disegno di legge elettorale ancora da scrivere.

Con questi contenuti molti critici hanno puntualmente osservato:

1) Palazzo Chigi nel  confezionare simile proposta non ha fatto ricorso alla collaborazione di autorevoli costituzionalisti che mesi scorsi su diversi mass media  hanno fornito idee e proposte al riguardo,

2) Il progetto  sarebbe poco più di una mossa politica destinata a dare uno slogan  per la futura campagna elettorale di Giorgia Meloni quando nel 2024 si andra’ al rinnovo del   Parlamento Europeo.

8  novembre 2023

Luigi Grillo

Novità democratico cristiane a Ostia- Un articolo di Andrea Turco

Turco – Ostia nuova, il cittadino al centro della Politica

La palla passa questa volta ai cittadini che si sono raccolti in Associazioni e comitati di quartiere.
La verità é che nessuno ha mai ascoltato il grido di aiuto che deriva dalla parte meno appariscente di Ostia; depauperata dei più belli “centri di attrazione”…appare oggi un semplicistico luogo abbandonato al degrado più assoluto fra spiagge abbandonate a sé stesse, prive di ogni forma di controllo; pinete incolte che sono divenute luoghi dove si gettano rifiuti a volte ingombranti; aiuole con palme addirittura senza fogliame; scuole fatiscenti e non sufficientemente accoglienti per i nostri ragazzi. Questa é la realtà di Ostia nuova, trascialando le innumerevoli saracinesche abbassate di Piazza Gasparri, ma non solo.

Abbiamo come scopo: quello di dare più voce a chi appartiene a questo territorio, per tutti quei cittadini in difficoltà, al fine di raccontare e testimoniare la verità che sentiamo ogni giorno nel nostro territorio bello, ma allo stesso tempo denigrato.

Per questi motivi suggerisco ai cittadini di fare parte dei comitati di quartiere, e a presidio degli stessi, così da poter raccogliere le istanze e portarle all’attenzione pubblica e dei pubblici uffici, indipendentemente dal colore politico.

Organizzare significa anche essere presenti, attivarsi, spendersi. Per questo abbiamo intenzione di attivare ufficialmente una Associazione che esiste in realtà dal 2016 ad Ostia: che é “Fatto con il Cuore”, per dare voce a più cittadini possibili, poiché i soci possono essere oltre 500 (da statuto).
La mail su cui poter inviare le segnalazioni del territorio, oppure la volontaria adesione che non implica, quindi, assolutamente nessun costo di iscrizione é: presidenzafattoconilcuore@gmail.com

Sono certo che donare Fatto con il Cuore, ai cittadini di Ostia Ponente é un grande segno di responsabilità e solidarietà ed appartenenza. 
Essa sarà un presidio di legalità, trasparenza e tutela dell’ambiente naturalistico. Si occuperà inoltre, di raccogliere progetti per dare a Ostia una vita nuova.
Sia, questo mio monito per i cittadini sensibili alle criticità, affinché divengano attori principali e protagonisti per riacquisire la dignità perduta. 

Andrea Turco

Un articolo del Dr Aldo Mariconda a commento di una nota del Presidente Romano Prodi

Romano Prodi e la perdita del primato assoluto nel settore dell’auto, e non solo!

Rif. articolo de Il Messaggero e Il Gazzettino del 7 ottobre 2023.

Prodi ritorna sull’argomento che definirei più in generale della perdita di attrattività e competitività del sistema Italia. Già poco tempo fa aveva richiamato l’attenzione sulle politiche europee tendenti giustamente a sottrarci dalla dipendenza da Cina e Stati Uniti quanto alla produzione di semiconduttori e di batterie per auto e più in generale il trasporto su gomma elettrico, evidenziando come le scelte degli investitori quanto alla localizzazione degli stabilimenti di produzione sia orientata verso Germania, Francia, Svezia, Repubblica Ceca, Spagna, Ungheria, saltando l’Italia dove è ipotizzato un impianto minore a Termoli nel 2026 per entrare in funzione nel 2030.

Aggiunge che Stellantis concentra molta produzione in Francia, lasciando all’Italia volumi assai ridotti. Lo conferma Carlo Calenda quando accusa gli Elkan di aver ceduto la priorità della produzione dell’auto alla Francia.

La vicenda della Marelli è emblematica. Al momento della cessione da Fiat al colosso giapponese Calsonic Kansei, a sua volta controllato dal fondo d’investimento americano KKR, aveva 43.000 dipendenti dei quali 10.000 in Italia. Oggi, sottolinea Prodi, i dipendenti sono saliti a 50.000 ma in Italia sono scesi a 7.000.

Scelta simile aveva fatto Safilo nel chiudere la fabbrica di Longarone, che mi sembra abbia trovato un investitore che almeno salva gran parte dei posti di lavoro. Ancora quanto all’occhialeria, pur rimanendo produzioni nell’agordino da parte di Luxottica, ancora in vita Del Vecchio aveva fatto un’operazione di fusione in Essilor, quindi con sede in Francia.,

Ma, più in generale, è una tendenza che dura da anni. Abbiamo perso le aziende più grosse, alcune anche per miopia del management come a mio avviso è accaduto per Olivetti, altre perché è mancata una politica industriale o lo Stato ha venduto anche aziende “strategiche” solo per tappare buchi di bilancio in un clima di mancato sviluppo e di aumento del debito pubblico, altre ancora cedute o fuse con multinazionali, le quali ovviamente fanno un calcolo di convenienza, di dove e come localizzarsi. E qui l’Italia risulta perdente.

La reazione dei sindacati è comprensibile ma inutile e purtroppo demagogica. Giusto difendere il posto di lavoro, ma più che la proprietà è non italiana, specie se di una multinazionale, più prevale il ragionamento di convenienza, di ritorno dell’investimento, e se si sceglie di andare altrove vuol dire che da noi è meno conveniente operare. Triste dirlo ma purtroppo realistico.

Il problema si sta esasperando oggi, ma è presente oramai da troppi anni, in un paese che secondo molti economisti, tra questi Salvatore Rossi, già Direttore Generale di Bankitalia e docente alla Luiss, ha bensì dei problemi strutturali di debolezza, quali un reddito pro-capite contenuto, riflesso di un tasso di occupazione ancora basso nel confronto con gli altri paesi avanzati; una dimensione media delle imprese relativamente piccola e un assetto proprietario ancora per certi versi premoderno, basato sul controllo e sulla gestione familiari, il dualismo Nord-Sud; una specializzazione produttiva mediamente poco incline alle tecnologie innovative, mercati dei beni e, soprattutto dei servizi con residue imperfezioni della concorrenza[1]ma vi è stata un’inerzia della politica, indipendentemente da destra o sinistra, nel non reagire ai cambiamenti imposti dalla globalizzazione e nel non fare quelle riforme necessarie a rendere più attraente, più produttivo e competitivo il paese.

Le conferme sono tante. Luciano Gallino scriveva 20 anni fa nel 2003: Politici e manager senza visione del futuro hanno trasformato l’Italia in una colonia industriale. Per recuperare terreno occorre una politica economica orientata verso uno sviluppo ad alta intensità di lavoro e di conoscenza[2].

La letteratura in proposito non manca. Cito solo da ultimo Alfredo Macchiati[3] che parla di una classe politica che si è dimostrata incapace di fronteggiare i nuovi problemi dell’economia. E parla di un peggioramento del livello di istruzione e più in generale della qualità degli eletti in parlamento – pag. 156 – e della modifica della natura dei partiti di fronte all’affievolimento delle grandi opzioni ideologiche, dando così spazio a gruppi d’interesse, dando così spazio quanto a rilevanza decisionale sia a grandi burocrazie, sia soprattutto trasformando gli esponenti politici in un ruolo di trasmissione delle istanze delle lobby. E cita Forza Italia come esempio di trasformazione dal liberalismo a un moderatismo fondato sugli interessi.

Quindi, la tendenza ad investire non da noi, ma anche in paesi dove il costo della manodopera è maggiore, conferma la criticità del nostro sistema paese che ha perso attrattività e non assicura un ambiente favorevole a chi fa impresa. Carlo Cottarelli[4], peraltro in linea con il FMI da cui proviene, ne ha elencato le principali cause, ossia le mancate riforme che riguardano:

·      Evasione fiscale troppo diffusa

·      Corruzione

·      Eccesso di burocrazia

·      Lentezza della giustizia (e, aggiungerei, over-regulation e spesso confusione e incertezza normativa)

·      Crollo demografico (e, aggiungerei ancora, demagogia quanto alle politiche contro l’immigrazione)

·      Divario Nord e Sud

·      Col risultato di una stagnazione economica che crea maggiore povertà, aumento dek debito e difficoltà di convivere con l’Euro (ma non per tornare alla Lira perché questo comporterebbe un aumento dell’inflazione tipo anni ’70).

Considerazione conclusiva: vi è una cultura diffusa nel ns. paese che tende a demonizzare il profitto, sterco del diavolo, il capitalismo come sistema di sfruttamento dei lavoratori. Il problem è che se non creiamo ricchezza non possiamo assicurare un livello di welfare adeguato. La politica sociale è compito dei governi, ma senza risorse adeguate non si risolve alcun problema.

Aldo Mariconda

08/10/2023


[1] Salvatore Rossi: La politica economica italiana dal 1998 ad oggi, Anticorpi/Laterza, 2020.

[2] Luciano Gallino: La scomparsa dell’Italia industriale, Giulio Einaudi editre.2003.

[3] Alfredo Macchiati, Perché l’Italia cresce poco, Il Mulino, 2016

[4] Oggi professore alla Cattolica di Milano e Direttore dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani – OCPI. V. I Sette Peccati Capitali dell’Economia Italiana, Feltrinelli, 2018.

Debito pubblico italiano- che fare?

Mercoledì scorso è stato il rendimento dei titoli di Stato a suonare un campanello d’allarme, con il BTP decennale che aveva superato per qualche momento la soglia del 5%, il massimo da oltre un decennio.

Ieri invece è stata la volta dello spread, termometro del rischio Paese che ha chiuso la giornata a 200 punti un altro livello chiave.

Questi dati confermano che in mezzo alle turbolenze globali sui titoli sovrani l’Italia è oggi in prima linea.

Bene ha fatto il Ministro Giorgetti a contattare le Agenzie di rating per garantire che la prossima manovra del Governo sarà seria, responsabile e prudente.

Sul debito pubblico però il Governo Meloni non sembra dedicare tutta l’attenzione che il problema richiede.

Serve poco prevedere una graduale riduzione nel tempo del debito pubblico italiano affidato alle future finanziarie.

Occorre oggi e non nel futuro praticare scelte innovative e coraggiose.

Con alcune premesse a cui spesso ci richiamano illustri economisti.

Il Prof Di Taranto (Luiss) “I fondamentali della nostra economia sono solidi, a cominciare dalla nostra ricchezza, dal risparmio accumulato dagli italiani.”

“L’Italia fa parte del G7, è la seconda realtà manifatturiera dell’Unione Europea e detiene l’ottavo ammontare del PIL al mondo.”

“La Banca d’Italia ha valutato la ricchezza in immobili e attività finanziarie del nostro Paese in oltre 10.000 miliardi.”

“La sola ricchezza finanziaria delle famiglie italiane ammontava nel 2021 a 5.256 MDI di cui circa 1.000 MDI in holding di partecipazione pari al 279% del PIL e superiori a quella della Francia 251%, Spagna 211% e delle Germania 207%.”

Se è vero come è vero poi che lo Stato Italiano dispone di un patrimonio immobiliare e fungibile che vale almeno due volte il nostro debito pubblico, allora occorre affrontare il problema con tutta l’urgenza che richiede.

Occorre riprendere il progetto suggerito e non realizzato dal Ministro G. Guarino nel 1993 (Governo Ciampi) o anche il progetto lanciato negli anni più recenti da MF Milano Finanza.

Progetto che consisteva nel costituire un Fondo Immobiliare intestatario dell’intero patrimonio statale (Stato Centrale, Regioni, Province, Comuni, ANAS, Ferrovie Stato, e altri) in grado di emettere obbligazioni che, in quanto garantite, potevano essere facilmente sottoscritte dai risparmiatori italiani.

In questo modo sarebbe stata offerta ai risparmiatori italiani un’opportunità economica in più e lo Stato italiano avrebbe incassato risorse sufficienti a ridurre radicalmente il suo pesantissimo debito pubblico.

Luigi Grillo   7 ottobre 2023

Una nota del sen Luigi Grillo sui bandi del PNRR

MF, il quotidiano dei mercati finanziari, titola quest’oggi “DESERTI I BANDI DEL PNRR – Le imprese italiane non riescono a partecipare.”

“Ha presentato domanda solo il 2% delle aziende, che faticano anche a reperire le informazioni sulle gare”.

MF cita la fonte di questa denuncia: si tratta di uno studio della società di consulenza molto prestigiosa: DELOITTE.

Sicuramente il Ministro Raffaelle Fitto, che sta seguendo con impegno e grande professionalità la trattativa con la UE, sarà in grado di chiarire questo aspetto.

In una mia nota del 3 dicembre 2022 a proposito dei fondi assegnati all’Italia sul Recovery Plan annotavo: probabilmente questi Fondi, assai consistenti, non saranno sufficienti a farci recuperare il ritardo che il nostro Paese registra nel settore delle infrastrutture materiali e immateriali.

Per questo motivo proponevo due riflessioni:

1)   Per fare maggiori investimenti, rispetto a quelli che si potranno fare utilizzando le risorse UE, occorre rilanciare la tecnica del Project Financing.

In un Paese che dispone  di un sistema bancario  molto forte e patrimonializzato, con una quantità  di risparmio davvero  ragguardevole ( siamo i 2’ al mondo ) i Fondi  UE del Recovery Fund  per le infrastrutture  dovrebbe essere utilizzati  come parziale  ma sostanziale  contributo a fondo perduto  erogabile a Società di progetto (SPV) a prevalente capitale pubblico (Cassa Depositi e Prestiti, Regioni, Province, Comuni ) a cui assegnare i principali progetti di implementazione logistica del Paese ( Ferrovie, Autostrade, Metropolitane, Piastre Logistiche, Porti, Dighe, Acquedotti, Ospedali, Termovalorizzatori, Caserme…).

Ogni società di progetto dovrebbe prevedere di finanziare il 50% del fabbisogno per la realizzazione dell’opera con obbligazioni ventennali emesse dalla Cassa Depositi e Prestiti portanti interesse a premio sul mercato, finanziando con proprio capitale l’ulteriore fabbisogno del 25% e impiegando i contributi per il restante 25%.

In questo modo si otterrebbero due risultati:

a)    Si potrebbero realizzare maggiori opere;

b)   Si renderebbero attraenti alla finanza privata l’acquisto di obbligazioni a lungo termine.

 La società di progetto così finanziata avrà il compito di organizzare e gestire l’appalto europeo a cui potranno   partecipare le singole società di costruzione italiane o consorzi di società.

Non sarà lo Stato ma una società di progetto, che è una realtà privata che organizzerà gli appalti europei (che come è noto ubbidiscono primariamente alle direttive europee) e che assegnerà a società singole o Consorzi di società la realizzazione di un’opera strategica che sarà sottoposta alla vigilanza e ai controlli della Commissione Europea.

2)   Nel 2023 – 2024 dovranno essere assegnate opere per un valore di circa 45 MDI di euro; finora si è trattato di individuare le opere a fare “riforme di efficienza”

Tutte cose che si fanno redigendo carte, ma ora che si deve passare ad una fase pratica ci si scontrerà con una realtà che  –  a parere mio  – è stata finora ignorata.

Nel nostro Paese non ci sono imprese che possono assumere e gestire appalti miliardari.

Tangentopoli – oltre che i partiti di Governo – ha distrutto il comparto dell’ingegneria civile italiana.

 La più grande impresa italiana è oggi Webuild  Spa  che ha fatto da contenitore alla crisi di Cogefar Impresit  e Astaldi.

Sono scomparse: Torno, Recchi, Lodigiani, Girola, Unieco, Ferrocementi, Grassetto e altre.

Il comparto delle Coop Rosse sopravvive con CMC e CMB ambedue in procedura prefallimentare.

Dopo Weebuild Spa, nella scala dei fatturati, viene Pizzarotti con circa 800 milioni di Euro, e un bilancio debole, poi Itinera con 600 milioni e Ghella con 400.


In questa  realtà quali saranno le imprese  italiane  che vincendo  le gare potranno chiedere ed ottenere   dal sistema bancario  fidejussioni per almeno  4 MDI  di euro così da aprire i cantieri?

Luigi Grillo

3 ottobre 2023

  Pubblichiamo una nota dell’amico On Luigi Grillo su un tema di grande attualità

Utilizzo fondi UE-Tassa su extra profitto Banche

Ercole Incalza gia’ amministratore delegato della TAV SPA e dirigente generale del MIT, ha segnalato un importante contributo offerto da Lia Romagno – giornalista del Quotidiano del Sud – riguardante i dati relativi alle risorse comunitarie definite e spese nel programma 2014 – 2020.

In nove anni siamo riusciti a spendere solo 34 MDI di euro , cioè appena 4 MDI l’anno.

Basterebbe questo dato per convincerci ancora una volta dell’incapacità diffusa degli organi centrali e degli organismi locali ad attivare la spesa pubblica nel nostro Paese.

Questo dato era a conoscenza dei Governi Conte 1 e Conte 2 e Draghi.

Questo dato è a conoscenza del Ministro Fitto che sembra intenzionato a porre qualche rimedio.

Nessuna Regione ha sollevato nel passato il problema.

Nessun Parlamentare ha chiesto la istituzione di una commissione di inchiesta.

Nessuna iniziativa hanno sollecitato le Organizzazione Sindacali.

Nessuna denuncia hanno fatto i vari Ministri del Mezzogiorno che hanno gestito il dicastero in questi ultimi 10 anni.

Di fronte a questo fallimento penso sia opportuno oggi concentrarsi sull’utilizzo del Fondo di Sviluppo e Coesione 2021 – 2027 il cui valore e’ di 73,5 MDI di Euro.

Siamo alla fine del 2023 e vorremmo capire se ci stiamo avviando verso l’ esperienza negativa che abbiamo vissuto dal 2014 al 2020 oppure se le raccomandazioni e i vincoli contenuti nel recente provvedimento assunto dal governo Meloni sono in grado di imporre un cambiamento di rotta.

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Com’era facile prevedere l’ABI e la BCE hanno fortemente criticato l’iniziativa del Governo assunta con l’imposizione di una tassa sugli extra profitti delle Banche.

Nelle giuste sedi istituzionali, l’ABI con il suo direttore generale Sabatini ha dichiarato :” la tassa è di dubbia costituzionalità, è un vulnus alla fiducia del mercato, e rischia di fare danni al sistema economico del nostro Paese. E’ una tassa sbagliata !”

“ Una tassa che in sol giorno ha bruciato il 10% di capitalizzazione di tutti gli istituti di credito quotati.

Una tassa che ha fatto perdere credibilità al nostro Paese di fronte ai grandi investitori istituzionali .

“ Mettere i propri capitali in una banca in attesa di ricevere utili e poi vederseli decurtare improvvisamente da un giorno all’altro mina la fiducia verso il nostro mercato.”

Spiace constatare che la decisione è stata presa per una precisa volontà del presidente Meloni che , nell’occasione, ha mostrato scarsa competenza su un tema così delicato che coinvolge il funzionamento del nostro sistema economico- finanziario.

Luigi Grillo

14 Settembre 2023

Ospitiamo una nota dell’On Grillo sul provvedimento del governo Meloni in merito alla tassazione dei sovraprofitti bancari e un’ interessante esperienza vissuta concretamente dai sindacati nella cogestione di un’impresa. Buona lettura

Meloni e l’extraprofitto sulle banche

Il tentativo  del  Governo Meloni , con il recente decreto che ha introdotto una tassa sugli extraprofitti delle Banche, ha provocato uno scossone in Borsa e  molti dubbi sui mercati internazionali.

Irritare i mercati finanziari  in tempi di  grande incertezza non è una buona idea.

Incolpare la BCE di avere costretto il nostro Governo a prendere le decisioni che ha preso non favorisce la benevolenza dei mercati degli investitori.

Il  nostro Governo dovrebbe ricordare che la BCE  è il maggiore acquirente  dei titoli del debito pubblico italiano ed è l’attore principale  nella lotta all’inflazione.

Non tenere presente tutto ciò sapendo che il debito pubblico italiano è il più pesante tra tutti  i 27 Paesi della UE , denota una scarsa conoscenza del nostro Paese , della sua storia, dei suoi problemi .

“E’ giusto pensare a come redistribuire risorse a chi ne ha bisogno , ma se Robin Hood  è goffo e si tira una freccia nei piedi si fa male e  danneggia sia i ricchi  che i poveri,con buona pace degli istinti populisti.”(B.Navaretti)

All’indomani della decisione presa dal Governo Meloni   la Borsa ha bruciato 10 MDI di euro penalizzando soprattutto le banche piccole e medie.

Misure percepite come non sostenibili dal punto di vista  della stabilità finanziaria  non piacciono  agli investitori.

Ha fatto bene il  Ministro Giorgetti a dichiarare ,pur in ritardo,che il prelievo fiscale sulle banche sarà limitato !

Anche l’ABI, a pare mio ,ha mostrato prudenza  e disponibilità a trovare in sede di conversione del decreto un punto di mediazione con il Governo.

Un coro di analisti – economisti sono intervenuti nel dibattito di questi giorni sostenendo:

–       La tassazione toglie benzina  al motore del credito, le Banche saranno quindi costrette a elargire meno prestiti al sistema produttivo,

–       È recessiva, l’opposto di quel che vorrebbe  fare il Governo con i  suoi pronunciamenti,

–       Il prelievo è autolesionista,i mercati finanziari non si fideranno più del nostro esecutivo,

–       Il Governo con questa  mossa  sembra preferire il capitalismo parrocchiale rispetto al libero mercato ( Prof. Carnevale Maffe’ docente Università Bocconi ).

–       I tassi sui conti correnti  non saliranno sulla spinta di questa norma, basti riflettere su quanto accaduto in Spagna e in Germania dove il Governo ha varato a suo tempo una norma   dal contenuto analogo ( Prof.Angelo Baglioni Prof. di Economia Politica  alla Università Cattolica  e direttor dell’Osservatorio  Monetario.)

Sarà interessante l’opinione della Bca d’Italia quando sarà chiamata ad esprimere il suo giudizio in sede Parlamentare.

E’ sara’ ancora più  importante il parere obbligatorio che la BCE  dovra’  esprimere ( per competenza istituzionale) nel confronti proprio di questo decreto.

Luigi Grillo, 14 Agosto 2023

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Compartecipazione dei sindacati alla gestione delle imprese-Un caso esemplare:

 la Termomeccanica Italiana Spa

Di recente  un autorevole esponente di FDI il capogruppo   alla Camera dei Deputati  Tommaso Foti  assieme all’on.Walter  Rizzetto  Presidente della Commissione  Lavoro hanno rilanciato la proposta di un disegno di legge che , nel rispetto dell’art.49 della nostra Carta Costituzionale ,preveda la partecipazione  agli utili dell’azienda dei lavoratori .

Nel 1995 Enzo Papi ex Manager di FIAT Impresit spa  rilevo’ la maggioranza della  Termomeccanica Italiana Spa  posta in vendita a seguito della liquidazione del gruppo EFIM ( Decreto Amato 13 luglio 1992)

Fu un’operazione unica in Italia : il l capitale della nuova Termomeccanica SpA,  oltre a Papi  che sottoscrisse  la maggioranza delle azioni,  venne sottoscritto da Comune di La Spezia,dalla Cassa di Risparmio della Spezia, dai dirigenti della Termomeccanica fallita che  costituirono una società di scopo,dai Sindacati,da tre imprenditori locali.

Fin dal 1995 un rappresentante dei sindacati è nel Consiglio di Amministrazione  della Società.

La Termomeccanica spa di Enzo Papi si è affermata  in Italia e nei principali Paesi Europei ,in Cina , in Russia,nei Paesi Arabi,in India.

I sindacati , con la loro società di scopo nei 27 anni di vigenza della società hanno incassato diversi milioni di Euro.

Citando questa esperienza aggiungo che, forse, non è necessaria una legge per coinvolgere i lavoratori  nella gestione delle aziende.

Luigi Grillo

14 agosto 2023

Due note dell’On Luigi Grillo sulla politica economica del governo

Il dossier più spinoso  che dovrà affrontare il Governo Meloni alla ripresa il prossimo autunno riguarderà il Piano di Ripresa e di Resilienza  (PNRR). Non è solo una questione di credibilità  nazionale   che si riesca a mettere a terra   le misure del Piano.

Esiste un problema economico  e riguarda  la tenuta  del nostro PIL : l’Ufficio Parlamentare del  Bilancio ha osservato che tra le possibili criticità  del quadro economico  nel medio termine vi sia la non integrale , tempestiva ed efficiente utilizzo dei Fondi Europei  del New Generation UE. Di certo sarà assai difficile per il Ministro Fitto riallocare i 16 MD tagliati nel PNRR  sul prossimo bilancio ordinario.

Ora che il Governo ha reso noto le modifiche proposte  al PNRR è possibile fare una valutazione oggettiva.Sul piano politico e sul piano economico.

Su piano politico le responsabilità del Governo Conte 2  sono fin troppo evidenti.

Le sei missioni del PNRR furono elaborate dal quel Governo e Draghi non pote’ modificarle in quanto il Parlamento le aveva in gran parte già approvate.

La decisione di  disperdere  i fondi a pioggia  tra migliaia di soggetti attuatori  della PA ,con oltre 150 mila bandi previsti ,fu un’idea tutta di Conte ,un’idea  di tipo elettoralistico per non scontentare nessuno. Si capisce perché i Comuni oggi protestino :   dei 15,9 MDI  indicati  dal  Governo come fuori  dal PNRR   ben 13 MDI  riguardano  piccole e medie  opere affidate proprio ai Comuni. Il Governo attuale ha impiegato troppi mesi a indicare  le sue modifiche. Cosi’ come – a parere mio – il Governo attuale non avrebbe dovuto modificare  la governance  creata da Mario Draghi ridimensionando  il ruolo del MEF.Ancora  non pare condivisibile la scelta  dell’attuale governo di levare dal PNRR  gli obiettivi  di drastica  diminuzione dell’arretrato previsto al 2025 e al 2026  per la giustizia civile  e  penale.

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Il Ministro Salvini nel corso di una conferenza stampa si è vantato di aver convinto il Governo a tassare gli utili delle banche.Nello specifico le banche dovranno versare il 40%  degli extraprofitti  dell’anno in corso e di quello passato.

Il Ministro Salvini ignora che :

–       l’Italia ha un sistema produttivo bancocentrico.

–       Le banche cioè sono il canale pressoché’ esclusivo che finanzia le imprese a tutti i livelli,( non è così nel resto d’Europa eccetto in Germania)

–       Con la riforma più importante e più strutturale  fatta nei paesi europei ,   il Parlamento Italiano  dal 1987 ( legge Amato ) al 1998 ( Decreto Ciampi)  con  la regia della Bca d’Italia (Ciampi e Fazio ) le banche italiane da oltre 3.000 si sono ridotte a meno di mille.

–       Il sistema bancario italiano e risulta a tutti gli effetti il più solido e il più capitalizzato d’Europa

L’intervento di Salvini suscita varie perplessità :

–       le banche italiane operano in un regime di mercato, per questo  se devono pagare più tasse registreranno meno utili destinati ad aumentare il capitale necessario  per erogare nuovi e più prestiti,

–       Salvini sostiene che il provvedimento del Governo va incontro alle famiglie che si sono trovate in difficoltà per il pagamento dei mutui avendo contratto un mutuo a tasso variabile.

–       Salvini dimentica che queste famiglie hanno scelto un mutuo a tasso variabile in maniera liberale e consapevole: Questa scelta nel tempo si è rilevata a lungo vincente. Per oltre dieci anni i tassi  che hanno pagato sono stati di gran lunga inferiori a quelli di chi aveva contratto mutui a  tassi fissi.

Salvini, per essere all’altezza del ruolo che ricopre all’interno del Governo ,avrebbe dovuto percorrere un’altra strada : la strada delle concertazione.

Avrebbe dovuto cercare un accordo con l’ABI anziché’ seguire l’esempio del Presidente Giuliano Amato, quando nel settembre 1992 ,di domenica decise di  porre una tassa del 5 per mille sui depositi degli italiani. Ma il Paese allora era in vera emergenza finanziaria e Amato con le sue scelte impopolari salvò davvero l’Italia  dal  baratro.

Luigi Grillo

9 Agosto 2023

Abbiamo il piacere di ospitare una nota del Prof Giampiero Ravagnan, già ordinario di microbiologia dell’Università Cà Foscari di Venezia, ricercatore associato senior CNR e che fu componente del CTS ( Comitato Tecnico Scientifico) dell’ICRAM ( Istituto Centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare) che ebbi l’onore di presiedere dal 1986 al 1995. Ricordo che fu proprio un ricercatore ICRAM, il dr Franco Andaloro, che agli inizi degli anni ’90, descrisse tra i primi la tropicalizzazione del Mar Mediterraneo, sulla base dei primi dati evidenziati nelle sue ricerche.

Mediterraneo mare tropicale

Caro Direttore, quella evidenziata nel link: Temperature Mare Mediterraneo (girovaghi.it)   è  stata la situazione della temperatura  media nella settimana passata  nel Mediterraneo  che, come si può  vedere è   un “mare tropicale”  che fa convogliare al suo interno masse fredde che vengono  dal Mar Nero e dall’ Atlantico  e….così si formano nel Mediterraneo i vortici ciclonici.

Questa è una situazione ormai stabilizzata  e deve far riconsiderare molte azioni  a cominciare dalla sistemazione dei Territori più esposti  nel bacino centrale del Mediterraneo: quanto è successo impone  che le Regioni , in particolare quelle del Sud ,  siano messe in sicurezza idrogeologica, che  siano  meglio strutturato  il reticolo   stradale  e soprattutto sia potenziato.  anche  con fondi del PNRR,  il sistema ferroviario  per avere  trasporti commerciali  meno climalteranti, 

Il Partiti  prima di fare proposte “imbarazzanti”   debbono  promuovere al loro  interno  una “sessione  scientifica”   coinvolgendo  gli  EPR ,  le Università   e le Agenzie internazionali  per capire le tendenze  del Mediterraneo che sarà il protagonista  fondamentale  degli eventi meteorologici  e non solo…. poiché l’acqua scaldandosi  cede – per una sua  minore   miscibilità – parte della CO2 disciolta  ( 1,5 kg/mc )   e quindi  questi feomeni  sono  una ulteriore  conferma che per proteggere la Terra bisogna  “curare il Mare”.

 La mancanza di una visione e di una puntuale  informazione sull’andamento degli eventi e dei fenomeni attesi a medio termine   non potrà che generare altri errori:   non possiamo più permettercelo….la Comunità scintifica  è sempre a disposizione  per far comprendere l’evoluzione della situazione climatica.

  La  Politica deve farsi carico di scelte che consentano   all’Italia di   essere il Paese trainante per un  governo del Mediterraneo assistendo anche      i Paesi della sponda africana  a partire dalla formazione superiore  di loro competenze in materia di clima, gestione delle fasce costiere  e lotta alla siccità.

Per concludere  se consideriamo la situazione  nella domenica 21 ore 9,00 della Temperatura del Mediterraneo( vedi Temperature Mare Mediterraneo (girovaghi.it)  la differenza con la  situazione sopra  descrive da sola  …..quanta  energia si era  caricata in atmosfera e poi è ricaduta in terra  con gli effetti che abbbiamo visto !

La Politica ora , nel suo insieme,  non deve prendere decisioni emotive,  ma  definire   programmazioni  pluriennali   bipartisan condivise  che consentano poi   alle Amministrazioni Locali  gli interventi di lungo termine,  anche oltre la  legislatura : si   deve “guidare un grande moto storico di rinnovamento, di affermazione della dignità, di espansione della libertà ed iniziativa politica di redistribuzione secondo giustizia , di ogni ordine di beni, di approfondimento della vita democratica” (Aldo Moro 1963 )

Giampietro Ravagnan

già ordinario di Microbiologia Università Ca’ Foscari -ve

ricercatore associato senior CNR

Sul tema del valore strategico della montagna italiana, pubblichiamo una nota del Dr Giampiero Comolli, componente del CTS AIKAL ( www.aikal.it) che ringraziamo per la sua collaborazione

Montagna Italiana risorsa già disponibile per il Paese. Va solo messa a regime, senza foglie di fico.  Lavorare in montagna è un servizio ambientale, sociale, collettivo, imprenditoriale, inclusivo, sostenibile, sussidiario per tutti gli italiani .

Una ricerca condotta nel 2018-2020 dal nostro Centro Studi Analisi Mercato Economico – CevesUni di Piacenza, poi verificata per un eventuale supporto a un progetto rientrante nel Pnrr, sullo “stato” dei territori montani e di alta collina italiani in termini di produttività agroalimentare, ci ha fatto scoprire alcuni dati economici allarmanti, ma interessanti. Come molti atti dannosi, hanno una altro verso della medaglia. In conclusione: il 64% di tutto il territorio nazionale si estende oltre i 350 metri di altitudine, il crinale dal Carso Friulano a Pantelleria è di circa 2900 km. Su 8100 comuni 4250 si trovano in aree svantaggiate definite per legge, pari al 55% del suolo totale, in cui risiedono solo 12-15 milioni di residenti pari al 22-25% del totale, con una media di 50 abitanti/kmq contro i 200-220 in pianura. Purtroppo, ancora oggi,  1800 comuni hanno un tasso di connessione internet, di uso delle tecnologie digitali pari a circa il 10% di quello di altri comuni italiani, addirittura sotto 1,0 MB al secondo. Si comunica solo grazie ai ponti radio. 204 comuni sono addirittura isolati con 500.000 abitazioni non raggiunte da nessuna linea attiva di connessione.  La ricerca ha dimostrato che, con il cambio climatico, con l’urgente transizione ecoambientale, con la riduzione della CO2, l’eliminazione maggiore di sostanze e fattori inquinanti, la necessità di produzioni agroalimentari più sane, l’obbligo di mantenere alta la biodiversità e il rapporto fra suolo produttivo e suolo a riposo, il no spreco, il riuso, una vita più sana e più tranquilla, il bisogno di un modello di vita lavorativa meno stressante, questo territorio nazionale ( i 2/3 del totale) possiede già a un livello quasi ottimale e massimo questi requisiti oggi così idealizzati, politicamente dirimenti, puntati da tutti come obiettivo urgente entro il 2030, o il 2050 o il 2070. A fronte di questo, ma soprattutto per questo sistema geomorfologico e geostazionario, esistono già circa 1,1 milioni di posti di lavoro non occupati e una prospettiva a regime di 2,1 milioni. Quello che manca in primis sono i lavoratori, i residenti, gli abitanti, le famiglie. A seguire , seppur con strade anche agibili per circa il 70% dei percorsi, mancano sevizi alle persone, trasporti, scuole, asili, medici, veterinari, negozi, supermercati, bancomat, hotspot digitali, connessioni, trasporti pubblici, autisti, operai, forestali, ortolani, coltivatori, allevatori, artigiani …ovvero manca la struttura e infrastruttura sociale e civile. Certamente la questione “ ripopolare-rivitalizzare-ricondizionare questo patrimonio della montagna produttiva, ambiente utile a tutti, multilaterale” non si risolve con qualche contributo a pioggia (30 anni di comunità montane anche sulle rive del mare hanno favorito la chiusura di allevamenti e imprese), qualche reddito assistenziale in base ad un Isee individuale e famigliare più o meno vero, con il contributo di 30.000 euro una tantum per ristrutturare il rustico del nonno, con il fondi perduto di 20.000 euro per l’acquisto della pima casa di giovani sposini che poi lavorano a 50-80 km di distanza tutto l’anno e vi risiedono realmente due mesi l’anno, con la vendita a 1 euro simbolico di appartamenti o casolari acquisiti dal comune. No, non si attiva un processo attivo duraturo di prospettiva sicuro e lungimirante.  Il lavoro in montagna c’è, sia come impresa agricola che come servizi a terzi, come commerciante che come curatore idrogeologico, come maestra d’asilo e anche come barista. Mancano fisicamente i lavoratori, di qualunque età origine cultura; manca una volontà pubblica dello Stato-Regioni a attivare un progetto piano programma intersettoriale, polifunzionale, multilaterale che porti in queste aree svantaggiate, difficili, lontane, vulnerabili dai cambi climatici, suscettibili di danni idrogeologici, in assenza di cura e manutenzione da decenni, abbandonate da milioni di giovani …soprattutto e in primis tre cose: servizi pubblici e privati civili e sociali presenti efficaci veloci indispensabili funzionanti con tecnologia interattiva e attività lavorativa sul posto ; contratti di lavoro con funzioni volontarie libere e aperte ma indeterminati (nuovo jobsact e nuvi contratti di sistema e non di categoria nazionali ); un reddito di sostegno a fronte di attività e ore di lavoro dedicate alla collettività locale e per l’azione di presidio fisico verso terzi. La ricerca di CevesUni ha anche quantificato il costo, certo, c’è un costo della collettività a carico dello Stato e delle Regioni poprio perché questa rivitalizzazione, riappropriazione, riattivazione di borghi, frazioni, paesi ha anche lo scopo di prevenzione, protezione, assistenza di un territorio abbandonato da decenni che può, in modo formale e sostanziale, anche rotolare a valle e portare danni nei fondovalle, nei paesi e città più grandi, nei centri artigianali, nelle fabbriche di pianura. Un sostegno al reddito primario ( agricoltore, ortolano, allevatore, maestra, farmacista, autista, forestale, cantoniere, stradino….) dovuto non per trovare un lavoro, ma per svolgere un lavoro che c’è già e che serve a tutti….anche a chi abita a Milano, a Roma, a Napoli, a Torino.  Il costo è alto, ma inferiore ad altre formule avviate recentemente: l’investimento pubblico nei primi tre anni (certo i miracoli non si fanno in un giorno) è di 6,7 miliardi di euro del Pnrr all’anno per attivare i primi 1,1 lavoratori (priorità a chi si trasferisce con la famiglia, di età inferiore a 40 anni, con titolo minimo scolastico inerente al lavoro, aperto a italiani e non, a chi può dimostrare o ha intestato un bene in loco che diventa la residenza fissa) per arrivare a 2,1 milioni di lavoratori lungo l’asse di 2900 km del crinale Carso-Pantelleria nazionale.  Lo stesso studio, a valori economici stazionari degli anni 2018-2020, ha calcolato che dal terzo anno in poi il modello Monti&ColliAlti è in grado di produrre risorse e valore in loco e sul mercato ( di carattere privato e di servizio pubblico)  per 3,1-3,5 miliardi di euro all’anno e sicuramente in crescita negli anni successivi incrementando il numero di attività e di lavoratori, qualche punto % del Pil e della Plv nazionale. Questo conferma che l’agricoltura non è più il settore primario dell’economia, ma addirittura diventa “il comparto” primario assumendo e integrando attività trasversali e con azione “multilaterale”, termine ben codificato da Draghi più volte in Parlamento, in un territorio difficile e vulnerabile, dove ambiente e coltivazione, allevamento e disinquinamento, lavoro manuale e no spreco, salubrità e presidio, vendere medicine e fare la barista, pulire un argine e un canale e guidare il pulmino dell’asilo…..diventano un tutt’uno, senza comparti stagni, senza differenze di lauree e ruoli, senza contratti sindacali fossilizzati e inutili con il cambio vitale di oggi.  CevesUni punta di più su una economia reale che a una economia finanziaria, esaltando ancor più i lavori da remoto quando possibile, le vendite interattive, le commissioni virtuali……ma svolte sul monte Penna e non a Genova. Ecco tutto questa “polifunzionalità e multilateralità integrata con il digitale e con lavori aperti ma residenti in area vulnerabile ma non più svantaggiata in termini di servizi e di assistenza” se sviluppata e sostenuta in un territorio di spazi ampi non è ha solo la funzione di tutelare, curare, servire un patrimonio ambientale che deve crescere in ogni caso in naturalità e salubrità ma può essere da subito un progetto reale di transizione ecosistemica. In aree metropolitane le risorse finanziarie seppur notevoli necessitano di un processo di riconversione e di trasformazione con tempi più lunghi per gli ampi cambi infrastrutturali, mentre con il progetto, anche di strategia e di programma politico, “Monti&ColliAlti” (brand ®© di CevesUni) va ad innestarsi su un sistema reale esistente che va solo innovato, digitalizzato, modernizzato, tecnologicamente supportato.  

Giampietro Comolli  

ALEF – Associazione Liberi e Forti

Si discute molto di nuovo centro della politica italiana e di terzo polo. Pubblichiamo questo bel saggio del dr Aldo Mariconda, un liberal democratico repubblicano veneziano.

Vi è spazio per un Terzo Polo in Italia?

Aldo Mariconda – 20/04/2023

Poniamoci la domanda

La rottura Calenda/Renzi, le divergenze con +Europa rischiano di costituire la pietra tombale per il lancio di una terza forza liberaldemocratica, già dopo gli insuccessi subiti nelle elezioni regionali a Milano e Trieste.

È legittimo porsi la domanda, a prescindere dalla ricerca e il rimpallo delle responsabilità, dal fatto che sia Azine che IV sono due partiti personali, alla moda attuale[1], e viene anche il dubbio che qualcuno ai vertici si sia posto la stessa dopo i più i citati risultati elettorali. Quale target si pongono Calenda che giustamente credo ha accolto una Carfagna e una Gelmini, si è forse illuso di una Moratti che a Milano poteva rappresentare un veicolo per attrarre un voto borghese ex F.I., e ora un Renzi che accetta la direzione del Riformista con un direttore responsabile che non è come si mormorava Stefano Feltri cacciato da Domani ma Andrea Ruggeri ex deputato di Berlusconi.

Ed è anche credo doveroso chiederci perché tanti tentativi più o meno analoghi sono falliti. Ricordo quello di Enrico Cisnetto se non erro dei primi anni 2000, Scelta Civica di Mario Monti, Fare per fermare il declino del Prof. Michele Boldrin, economista alla Chicago University e incarichi anche a Ca’ Foscari e di Oscar Giannino. La stessa nascita di +Europa pur derivante dal Partito Radicale aveva lo stesso obiettivo. E dimentico altre esperienze.

Perché questi insuccessi?

Caratteristica comune è stata genericamente l’impronta liberal-democratica, comunque diretta:

·      ad occupare uno spazio tra un centro-destra prima imperniato su FI/Lega poi cresciuto e allargato col successo di F.lli d’Italia, e una sinistra populista 5S ed una quanto meno confusa, a volte contraddittoria e a mio avviso conservatrice del PD

·      a creare condizioni per uno sviluppo economico attraverso riforme che potessero invertire la cronica stagnazione che ha caratterizzato l’economia italiana negli anni pre-Covid che ha progressivamente perso attrattività per chi investe. Il tutto premessa necessaria a ripensare e sviluppare il welfare, oggetto di tagli progressivi che hanno riguardato un po’ tutti i settori compresi gli organici della struttura pubblica in generale.

Un tentativo di risposta

Temo che non sia né breve né semplice, perché a mio avviso vanno tenuti in considerazione vari fattori:

·      Un primo, costituito dallo scenario mondiale seguito alla caduta del muro di Berlino

·      Un secondo, più legato alle peculiarità del sistema Italia.

Dal capitalismo al turbo-capitalismo

Non dimentichiamo cose già note. Repetita iuvant! La globalizzazione è stata un potente fattore di cambiamento. Tra gli effetti:

·      Fallimento del comunismo. Alla caduta del muro, si osservava, nella Germania Est si faceva finta di lavorare e lo Stato faceva finta di pagare. Povertà diffusa, salvo pochi magnati, qualità scarsa delle produzioni industriali. Una Trabant era una baracca e inquinava 10 volte il vecchio maggiolino VW.

·      Rivoluzione delle filosofie della produzione. Le delocalizzazioni erano già iniziate prima. V. Timisoara appendice dell’industria trevigiana e veneta già alla metà degli anni ’80. IBM che nel 1983 o 1984 lancia i suoi PC a prezzi alti per poi dopo pochi anni decentrare la produzione in Cina[2]. Già Margareth Thatcher aveva trasformato gli UK in un paese di servizi più che di industria. La caduta del muro ha accelerato il fenomeno. In Occidente si fa prevalentemente montaggio di pezzi prodotti altrove, V. la struttura dell’auto tedesca, o Detroit diventato un cimitero industriale, oppure sono rimaste produzioni ricche, ad alto margine. Solo nella crisi 2008/2013 in Italia hanno chiuso un 25% di aziende – prevalentemente dedicate alla sub-fornitura – e abbiamo perso quasi altrettanto in termini di produzione industriale.

·      È aumentata la ricchezza in molti paesi, non solo i BRICS[3] (pur in misura diversa) ma in altri paesi emergenti

·      In Occidente si è allargata la forbice ricchi/poveri, con un aumento della povertà e semi-povertà e una progressiva concentrazione della ricchezza. Questo fatto, unito all’esplosione dei fenomeni migratori dovuti sia a guerre che a cambiamenti climatici, ha aumentato il disagio sociale, che ha causato anche rivoluzioni nel comportamento degli elettori. La sinistra dei democratici americani è ad esempio divisa tra una posizione classicamente liberal più presente nelle coste East e West, mentre l’operaio vede l’immigrato come un pericolo concorrenziale che contribuisce a tenere bassi i salari.

·      Analogo divario si sta allargando anche tra paesi dove la ricerca costituisce elemento strategico di punta, e a monte la scuola, l’università e la formazione continua, e gli altri. Basti vedere da un lato alcuni paesi del centro/nord Europa rispetto a Grecia e Italia.

Alcune peculiarità del sistema Italia

Riporto quanto scrive Salvatore Rossi[4]: “Negli oltre cinquant’anni trascorsi fra il 1968 e oggi la ricchezza del nostro paese è molto cresciuta ed è salito il tenore di vita dei suoi cittadini, anche di quelli delle aree meno sviluppate. Tuttavia, mutatis mutandis, in relazione al passare del tempo, la funzionalità dell’economia appare per alcuni aspetti (produttività, competitività) peggiorata, o comunque non migliorata. Alcuni tra i segni di regresso o di stasi sono stati a lungo condivisi con altre importanti economie europee, come la Germania, ma altri sono specifici del nostro paese. In particolare, non sono ancora mutati certi tratti strutturali di debolezza dell’economia italiana, assoluti e relativi: un reddito pro-capite contenuto, riflesso di un tasso di occupazione ancora basso nel confronto con gli altri grandi paesi avanzati, nonostante i recenti progressi; una dimensione media delle imprese, relativamente piccola e un assetto proprietario ancora per certi versi premoderno, basato sul controllo e sulla gestione familiari, il dualismo Nord e Sud, una specializzazione produttiva poco incline alle tecnologie innovative; mercati dei beni e, soprattutto, dei servizi con residue imperfezioni della concorrenza[5].

Viene allora da chiedersi a che cosa è servita la politica economica di tutti questi anni? I fatti appena ricordati gettano più di un’ombra sul ruolo che l’azione di governo dell’economia ha avuto in Italia negli scorsi decenni. È legittimo il sospetto che vi sia nella politica economica italiana un qualche malfunzionamento fondamentale inerente alle caratteristiche del sistema politico, che la Prima repubblica sembra avere lasciato almeno in parte in eredità alla Seconda e da questa alla Terza”.

Trattasi di tematiche che richiederebbero un lungo approfondimento. Mi limito a citare alcuni elementi critici, quali:

1.     Il declino dell’Italia industriale[6]; mancanza di una politica industriale, fallimento di quella per il Mezzogiorno, mancanza di una seria legislazione antimonopolistica, scelte economiche spesso antiliberiste.

2.     Scarsa produttività. La causa principale del fenomeno sta nella dimensione media piccola delle imprese italiane. Con conseguente gap quanto a R & S. Tra il 1998 e il2017 gli investimenti in beni immateriali (costituiti per oltre la metà delle spese per Ricerca e Sviluppo e per i brevetti) sono cresciuti meno del40% in Italia, contro l’85% circa in Francia e Germania e l’oltre 160 della Spagna[7].

3.     Vi è peraltro un gruppo d’imprese di successo, prevalentemente grandi o, soprattutto medie, non solo manufatturiere, che assumono lavoratori qualificati, pagano salari più elevati, hanno investito per affrontare la globalizzazione, sono il fulcro del ns. export.

4.     L’università italiana – pur varando meno laureati rispetto ai vicini europei e con un rapporto sfavorevole quanto a numero dei docenti rispetto agli studenti – prepara alcuni ottimi laureati ai diversi livelli che poi finiscono all’estero anche trovando spazio nelle università straniere[8].

5.     Di fronte a questi ultimi due elementi che sono di eccellenza, oltre alla citata presenza diffusissima della microimpresa con meno di 10 addetti, spesso a bassa produttività e rivolta al mercato interno, elementi che affossano l’attrattività e la produttività del paese sono:

o   Un corpus normativo che Nordio anni fa definiva 10 volte quello della Germania e Il Sole 24 Ore 5 volte la Gran Bretagna. Per giunta complesso, confuso, di difficile lettura, con troppe aree grigie, contraddittorie e di facile contestabilità.

o   Una Pubblica Amministrazione farraginosa, lenta, più orientata alla procedura che alla soluzione dei problemi, con personale ai livelli medio/bassi poco pagato e dirigenti massimi invece strapagati, almeno nei confronti con altri paesi, USA in primo luogo. Nessuno è riuscito a riformarla[9]. Vi sono, aggiungo, anche procedure autorizzative lunghe e complesse accompagnate poi a scarsi o mancati controlli e sanatorie facili e generalizzate[10].

o   La Giustizia lenta, complicata, caratterizzata da lobbies intoccabili perché i magistrati sono molto più pagati, in rapporto al PIL, rispetto ad altri paesi europei p.es. la Germania e hanno un percorso di carriera di fatto legato all’anzianità e non al merito, e vi sono circa 250.000 avvocati, 1 ogni 240 italiani. Solo a Roma vi sono più avvocati che nell’intera Francia. Il fatto che il sistema Giustizia abbia un costo medio per il cittadino italiano più o meno allineato a quello degli altri paesi europei ma che l’incidenza del costo dei magistrati sia di gran lunga superiore, è la causa alla base della carenza di organici, anche quanto a cancellieri, ufficiali giudiziari, personale amministrativo. Vi sono dei meccanismi che moltiplicano il carico di lavoro del magistrato e prima dell’avvocato. Un recente esempio può essere riferito alla procedura di conciliazione introdotto dalla riforma Cartabia. Subito l’avvocatura si è vista mancare filoni di attività ed è riuscita ad imporre la necessità di assistenza del legale anche di fronte al conciliatore. La Giustizia è argomento tabù in Italia. Nessuno più ne parla andando a fondo dei problemi. Lavoce.info ha scritto un articolo lucidissimo nel 2006, senza poi riprendere l’argomento[11]. Una voce fuori dal coro è quella di Camillo Davigo che spiega come alcuni meccanismi moltiplicano il carico di lavori del magistrato e inevitabilmente offrono occasione di lavoro all’avvocato[12] Giornali e TV ignorano l’esistenza del CEPEJ – Commission Européenne pour l’Efficacité de la Justice e organismo del Consiglio d’Europa – che offre rapporti biennali con i dati di confronto tra i paesi aderenti[13]

o   Un fisco complicato, a volte vessatorio ma con tolleranza di fatto di larga evasione o elusione, con mancati incroci e controlli.

o   Scarsa cultura del Merito, della Concorrenza, del Mercato. Non si è fatta una politica delle privatizzazioni se non per tappare dei buchi di bilancio o concedere benefici[14] (autostrade insegnano). Siamo ancora forse influenzati da un retaggio storico, conta l’individuo, la famiglia, l’amico, le conoscenze contano più della conoscenza, fino all’estremo – qualche volta – del detto di Giolitti, La Legge è Eguale per tutti, ma per gli amici la si interpreta.

Sta di fatto che l’Italia nei 20 anni pre-Covid non ha avuto sviluppo, anzi ha perso qualche punto di PIL pro-capite, al contrario di tutti gli altri paesi OCSE, Grecia a parte:                                    From OECD ECONOMIC SURVEY OF ITALY– EXECUTIVE SUMMARY – April 2019

Quanto descritto è assolutamente scontato a livello accademico e degli osservatori internazionali, oltre all’OCSE (OECD) dal FMI, la Commissione EU, ecc. Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani OCPI, c/o l’Università Cattolica di Milano, elenca i mali italiani come segue[15]:

1.     Evasione fiscale

2.     Corruzione

3.     Eccesso di burocrazia

4.     Lentezza della giustizia

5.     Crollo demografico

6.     Divario tra Nord e Sud

7.     Difficoltà di convivere con l’Euro

E conferma la perdita di competitività del sistema ItaliaE quanto all’Euro, riconosce che questo probabilmente ha causato il peggioramento della nostra performance economica, già di per se non particolarmente brillante, negli ultimi due decenni (1998 – 2018). Quello che è successo è che, per un insieme di rigidità i comportamenti e strutture, non siamo stati capaci di adeguarci a vivere con una moneta comune al resto d’Europa perdendo competitività e capacità di crescita. Ma afferma anche che ora sarebbe un errore uscirne.

E la perdita di competitività ha un parallelo nella perdita di attrattività per chi fa impresa. Federico Fubini sul Corriere della Sera ha chiaramente descritto come in Italia non si investa adeguatamente[16]

Populismo e sovranismo

Un senso di disagio è diffuso in tutto l’occidente, per i motivi sopra descritti e peraltro ben noti. Un vento di destra soffia forte negli USA con Trump che gode ancora di largo consenso, l’evoluzione dei Repubblicani, in Svezia e in Finlandia le elezioni hanno portato le destre al governo. Vediamo le turbolenze della Francia, Macron impopolare, le sommosse in piazza prima coi jilets jaunes ed ora con le pensioni. E soprattutto, sempre in Francia, con quasi estinzione dei partiti tradizionali, i socialisti scesi al 2%, i successi a sinistra (estrema) di Melenchon, a destra di M.me Le Pen e Zemmour (con la nipote della Le Pen Marion Maréchal ancora più estremisti). Disagio, rancore, scontento, incertezza conducono sia al populismo spesso associato al sovranismo, e al distacco/sfiducia totale vs. la politica e quindi l’assenza dal voto. Il tutto accompagnato da una ricerca del nuovo e da un’aspettativa che si possano risolvere problemi complessi e consolidati nel tempo con la bacchetta magica e in tempi brevissimi[17].

Il tutto aggravato dall’inflazione che ovviamente pesa maggiormente sulle categorie più povere.

E se il vento soffia forte a destra, è facile uno scivolamento della sinistra su posizioni estreme e rivendicative, in termini di adeguamento salari, più welfare, ecc., a prescindere dai costringimenti dei bilanci pubblici assai preoccupanti per l’Italia dove il debito è salito spaventosamente e gli interessi pure, particolarmente in Italia[18].

Concludendo

A livello delle scelte politiche di governo

È evidente che solo una strategia di sviluppo potrà salvare l’Italia da un processo di decadenza in corso da anni. E solo radicali riforme potrebbero aprirne la strada, per diventare un paese attraente per chi investe, fa impresa. Ed è conditio sine qua non per rafforzare il welfare. Riforme vuol dire anche toccare un establishment trasversale e consolidato, in particolare quanto a taglio e semplificazione legislativa, PA e Giustizia. La storia è anche lastricata di buone intenzioni, p.es. ricordiamo Tremonti e Calderoli in TV nel 1994 davanti a pacchi di scartoffie promettendo tagli, T.U., semplificazioni. Basterebbe nominare un manager, della forza di un Marchionne o di un Colao, magari affiancato da un Vice come un Sabino Cassese, per individuare le aree critiche e più oggetto di contese giudiziarie. Ma chi ha il coraggio di farlo? Con la lobby degli avvocati? E chi ha il coraggio di allineare gli stipendi dei magistrati a parametri meno da privilegio, magari a partire dai nuovi assunti?

Ma a livello dell’azione dei partiti

Di fronte al disagio, al rancore descritti, unito a un analfabetismo abbastanza generalizzato sui temi della politica e dell’economia, come acquisire un consenso importante di fronte a un populismo trionfante[19]?

Inoltre, siamo sicuri che anche gli attuali aderenti al c.d. Terzo Polo siano convinti di questo? Vedo un mix assai eterogeneo quanto alla provenienza degli iscritti, e una sovrapposizione tra chi mira a un moderatismo classico e chi invece crede nelle riforme radicali che ho descritto. E anche risalendo nella storia dell’antifascismo vi è stata una bella differenza tra un moderatismo che ha di fatto tollerato la marcia su Roma e l’avvento della dittatura, e pochi anche borghesi come Camillo e Adriano Olivetti o anche mio nonno Gustavo Visentini a Treviso, affermato avvocato, che ha avuto nel 1922 lo studio devastato dalle squadracce, col figlio Bruno che poi è stato attivo nel partito d’Azione[20].

Il moderatismo ha poco spazio. Secondo Alessandro Campi, Marcello Sorgi[21] e altri politologi, prima questo segmento era imperniato su ¾ della DC[22], poi su Berlusconi e tende oggi ad andare vs. la Meloni che si muove abilmente catturando consensi in quest’area.

E se le previsioni economiche oggi non sono molto rosee ma dominate dall’incertezza, come dal Economic Outlook del IMF[23] che ho ricevuto ora, quel disagio che ha portato al populismo/sovranismo temo aumenterà e creare un’alternativa agli estremismi comporta anche la necessità di una leadership capace di lanciare un messaggio comprensibile. Ma a quale target elettorale?

Credo che andrebbe aperto un dibattito, non col limite delle chat su WhatsApp, e non con una leadership imposta dall’alto perché due o più galli in un pollaio, per giunta stretto, non offrono oggi una garanzia di futuro. Sono personaggi validissimi, hanno creato i due partiti, Azione e IV, ma oggi sono un limite, anche come immagine, allo sviluppo di un’area liberaldemocratica vera e con possibilità di affermazione. Io sono un cane sciolto, ho 86 anni e non sono in grado d’influire sul corso degli eventi. Io credo:

1.     Che un lancio molto ben organizzato di un partito unico, pur attraverso la transizione di una coalizione, avrebbe costituito un asset importante e di affermazione

2.     L’affermazione di un partito abbia delle similitudini con le teorie di MKTG sul ciclo di vita del prodotto: la fase iniziale è la più difficile, e le débâcle elettorali e le baruffe chiozzotte possano costituire la pietra tombale.

3.     Forse unico modo di uscirne potrebbe essere una forte provocazione della base: dimissioni di tutti gli organismi, comunali e provinciali, con richiesta di congressi, dalla base al vertice fino alla nomina di una nuova leadership.

Wishful thinking?

È probabile, ma altrimenti temo sia finita.

Aldo Mariconda: nascita 1937, dirigente industriale e poi consulente, ora in pensione. Ha lavorato nel settore commerciale e MKTG e anche nel controllo di gestione. Direttore di filiali Olivetti a Reggio Emilia e a Venezia, nel 1971 al MKTG Ivrea e poi in USA. Poi a Parigi e a Copenhagen. Nel 1978 a Milano, assistente del Direttore Generale Olivetti Italia. Dopo una breve esperienza con Rizzoli-Corriere della Sera, nel 1983 crea una piccola impresa a Venezia specializzata nella fornitura di software contabile e fiscale, e Excellence Center Microsoft Education. Consulente e molto dedicato alla formazione aziendale dal 1992, chiamato da France Télécom a Parigi – dal 1995 al 1998 – a presiedere Advanced Communications for Europe, associazione comprendente sia gli incumbent operators che molti new entrants, con lo scopo di promuovere lo sviluppo economico attraverso la deregulation TLC.

Laurea in legge nel1961 a Padova. Vari corsi, di MKTG alla Harvard Business School, Management control systems alla London Business School, Ashridge, Management Center Europe, CEGOS Paris.

Impegno giovanile nel PRI. Breve esperienza come candidato sindaco a Venezia nel 1993 da indipendente con la lista della Lega Nord, perdendo al ballottaggio con Cacciari sfiorando il 47%. Non ha accettato la candidatura al Senato nel 1994 perché non leghista, né un’offerta di Casini di rappresentare il suo partito a Venezia (dopo avergli fatti da consulente nel 1997 per la deregulation TLC) perché non credente (pur stimando moltissimo Casini).


[1] Chi ricorda la Prima Repubblica, pur con tutti i difetti che aveva, sa che tutti i partiti, DC e PCI in primis ma anche i piccoli come il PRI avevano una prassi democratica che partiva dai congressi di sezione per salire via via al comunale, provinciale, regionale e finire al nazionale, dove persone gruppi e correnti si confrontavano e venivano espressi i leader. Oggi nemmeno il PD è così con una Schlein espressa da un referendum aperto agli esterni al partito, ed è uscita segretaria causa questi.

[2] Ad una ditta locale con l’impegno di mantenere il marchio IBM per 10 anni sui prodotti per poi rinunziarvi. Poi IBM si è riorganizzata prevalentemente puntando sui servizi

[3] Brasile, Russia, India, Cina, Sud-Africa

[4] In La politica economica italiana dal 1968 ad oggi, Anticorpi Laterza, 2020. L’autore è stato direttore generale della Banca d’Italia e presidente dell’IVASS (istituto di vigilanza delle assicurazioni) e presiede la Federazione tra le Scuole Superiori Universitarie (Normale e Sant’Anna di Pisa, IUSS di Pavia.

[5] Commento mio. Sottile understatement!

[6] Costituisce anche il titolo di un libro di LUCIANO GALLINO, Einaudi, 2003, che tra l’altro scrive, Politici e manager senza visione del futuro hanno trasformato l’Italia inn una colonia industriale. Per recuperare terreno occorre una politica economica orientata verso uno sviluppo ad alta intensità di lavoro e di conoscenza.

[7] Ancora V. Salvatore Rossi, pag. 173

[8] Malgrado alcune criticità dovute a selezioni di docenti ancora di metodo baronale non sempre basate sull’esaltazione del merito

[9] Interessante il volume, autore anonimo: Io sono il potere, Confessione di un capogabinetto, Serie Bianca, Feltrinelli

[10] Moltissimi abusi edilizi sono sanabili; le Soprintendenze ai beni culturali e ambientali hanno scarsi poteri per imporre restauri e soprattutto perché vengano eseguiti a norma e con i materiali appropriati.

[11] Non fa una bella figura l’Italia in tribunale, di Daniela Marchesi, Lavoce.info, 26/10/2006

[12] Piercamillo Davigo: In Italia violare la legge conviene – VERO. – Idòla Laterza 2018

[13] La spesa per la giustizia in Italia è abbastanza in linea con gli altri paesi EU:

La tabella seguente dimostra come il compenso dei magistrati sua molto più alto in Italia e gli avvocati siano moltissimi, 388 per 100.000 abitanti contro i quasi 100 della Francia e per toccare il minimo in Svezia con 59.

 beginning of careerend of careerAverage gross annual salaryInitial salaryFinal salaryLawyers x 100.000 abFinancia Resources – Judicial System in Euros x inhabitant
France1,33,4             35.763        46.492          121.594          99,9          75,0
Germany0,91,6             53.688        48.319            85.901       198,9        131,2
Italy1,96,4             29.343        55.752          187.795       388,3          83,2
Spain2,16,4             23.033        48.369          147.411       304,6          92,6
Sweden1,83,1             40.706        73.271          126.189          58,6        117,5

Tengo a precisare che non ho nulla contro magistrati e avvocati. Ne ho avuti anche molti in famiglia conosco e stimo molti professionisti. Dico solo che i numeri evidenziano una situazione anomala, in Italia, rispetto ad altri paesi EU

[14] La Svezia ha seguito un criterio che ha causato sviluppo: infrastrutture pubbliche, servizi privati e in concorrenza

[15] Nel volume I Sette Peccati Capitali dell’Economia Italiana, Feltrinelli 2018

[16] Articolo del 20/004/2023: Solo nel 2022, tra settore pubblico e settore privato, la Francia ha investiti 474 (m. di  €) in più. In un solo anno i nostri due principali partner e concorrenti hanno dispiegato in ricerca, macchinari e infrastrutture somme pari – rispettivamente – a oltre un Recovery e a oltre due Recovery in più rispetto all’Italia.,,,, La Francia sviluppa un PIL di un terzo maggiore del nostro, ma investe due terzi in più. La Germania ha un PIL pari quasi al doppio del nostro ma investe più del doppio rispetto a noi. … Lo stato francese nel 2022 ha investito il doppio dello stato italiano, le imprese francesi oltre duecento miliardi in più rispetto alle imprese italiane. … Immaginiamo di proiettare un simile ritardo sui prossimi dieci anni e l’arretratezza dell’Italia rispetto alla frontiera europea – non parliamo anche di Stati Uniti o Giappone – sarebbe abissale.

[17]Vi sono studi approfonditi. Tra questi:

Ilvo Diamanti e Marc Lazar, Popolocrazia, La metamorfosi delle nostre democrazie, Tempi Nuovi – Laterza, 2018

Vincent Pons: Liberté, égalité, fragilité: The Rise of Populism in France,Harvard Business School, 9-717-052, REV: June 25,02019

Vincent Pons, Elena Corsi, stesso titolo, aggiornamento, Harvard Business School, 9-719-075, REV: June 25, 2019

Rawi Abdelal, Dante Roscini, Elena Corsi: The Rise of Populism and Italy’s Electoral “Tsunami”, Harvard Business School, 9-719-042, REV: June 7, 2019, particolarmente riferito ai risultati elettorali del 2018.

[18]

 in miliardiin % sul PIL Pro-capite Diff. su 2019
Italia         83,6           4,1   1.398,1         38,4
Francia         85,6           2,9   1.245,2       142,5
Austria           6,3           0,7       791,2–        10,9
Belgio         10,5           1,7       894,3         11,7
Spagna         32,0           2,2       664,8         12,7
Polonia         22,0           2,9       556,1       201,4
Finlandia           2,4           0,8       428,7         14,3
Germania         32,5           0,8       385,6         18,6
Danimarca           2,0           0,5       337,3–        13,0
Paesi Bassi           5,8           0,6       326,5–          6,5
Area €       280,2           1,9       796,3         63,6

[19] Definendo per populismo la proposizione di soluzioni apparentemente semplici a problemi complessi, da Marc Lazar e Ilvo Diamanti.

[20] G. Salvemini in La dittatura fascista in Italia, ripubblicata nel volume Scritti sul fascismo, 1, Feltrinelli, pagina 124 riporta l’episodio del 1926: A Treviso i fascisti distrussero i locali del chimico Fanoli, gli studi degli avvocati Grollo e Visentini, l’officina industriale dei fratelli Ronfini, e la clinica del dottor Bergamo, deputato al Parlamento.

[21] Campi: Il Gazzettino, La politica di centro alla ricerca di una casa; Sorgi, La Stampa, Se al centro adesso c’è Meloni, entrambi del 14/04/2023. Ma sono solo 2 esempi perché è opinione diffusa sui media.

[22] L’altro quarto più o meno confluito nel PD

[23]

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