LA TRANSIZIONE VERSO UN NUOVO ASSETTO MONDIALE

Di Orizzonte

In questi ultimi mesi il panorama editoriale italiano ci ha consegnato due illuminanti saggi di politica estera che possono costituire una preziosa bussola per capire l’attuale stato di disordine delle relazioni internazionali in cui anche l’Italia si trova immersa.

Il primo libro è quello del prof. Manlio Graziano (professore di geopolitica a SciencePo di Parigi ed alla Sorbona) “Disordine mondiale” (editore Mondadori), il secondo è “Realpolitik” (editore Solferino) dell’ambasciatore Giampiero Massolo, ex segretario Generale del Ministero degli esteri e capo del DIS.

La premessa da cui muovono entrambi gli autorevoli autori è che il sistema delle relazioni fra Stati, che vigeva sino a pochi anni fa, dominato dall’unipolarismo americano, sia entrato in una crisi profonda.

Non che, ad oggi, ci sia un nuovo effettivo multipolarismo codificato. Al contrario, stiamo vivendo un’epoca in cui le relazioni fra Paesi sono di nuovo improntate a logiche di potenza e guidate dai cosiddetti interessi nazionali od interessi vitali.

Cos’è l’interesse nazionale? L’ambasciatore così lo qualifica” E’ l’obiettivo che uno stato non può evitare di perseguire senza creare un danno alla collettività. E’ un atto di sintesi, una decisione politica per eccellenza che ne definisce i contenuti. Spetta ai governi compierla.” (Realpolitik, p.11 ).

Dunque, atto squisitamente politico di Governo, ma rivolto alla difesa dei propri cittadini. Nel provvedere a circoscriverlo contenutisticamente occorre avere riguardo alla collocazione geografica, alla cultura diffusa, all’indole della popolazione, alla storia che spesso innerva ed atteggia in modo determinante, sotto il profilo sociologico e psicologico, l’attitudine dei propri cives verso le altre statualità.

La tesi di Graziano, tuttavia, si spinge più in avanti ed arriva a teorizzare che “non esiste, nel corso della storia dell’umanità, un ordine mondiale nato dalla decisione di una o tutte le parti di rinunciare volontariamente a quelli che, nel linguaggio politico, vengono chiamati gli interessi vitali” (Disordine Mondiale, p.7).

Viene sfatato così sia il luogo comune secondo cui un ordine mondiale sarebbe possibile se soltanto i diversi attori internazionali fossero più saggi e di buona volontà (il che, evidentemente, si colloca al di fuori da ogni prospettiva religiosa), sia quello che vorrebbe che l’interdipendenza dei commerci sia baluardo allo scoppio delle guerre, asserto già esposto, nel passato, da Montesquieu e Bentham (per tutti gli esempi basterà quello della guerra russo-ucraina, nella quale l’interdipendenza dei due Stati era, prima dello scoppio delle ostilità, davvero assai stretta).

Da qui la conclusione del saggio secondo cui “nell’attuale situazione, un nuovo ordine mondiale non è possibile e ancor meno lo sarà nel prossimo futuro” (Disordine Mondiale p. 192).

Detto in altri termini, “non è mai successo che nel lungo periodo le tensioni fra una potenza dominante ma in declino ed una potenza emergente e in espansione si siano risolte con la decisione volontaria di uno dei due di farsi da parte, o, comunque, di rinunciare a quelli che considera i propri interessi vitali. E non è successo non perché i leader non fossero abbastanza forti e saggi, ma perché, nella fase finale della competizione, la potenza dominante ma in declino farà di tutto per continuare a dominare e la potenza emergente e in espansione farà di tutto per prenderne il posto. Pace, serenità e benessere costituiscono l’aspirazione di tutte le persone di buon senso, ma si scontrano oggi con una realtà politica internazionale in cui i margini per la pace, la serenità il benessere si restringono ad un ritmo quasi quotidiano” (Disordine Mondiale, p.12,13 cit.).

Usa e Cina (principalmente, ma non soltanto se pensiamo ai piani di Turchia, Russia, Iran, India) sono, per analogia, le Sparta ed Atene della “Guerra del Peloponneso” di Tucidide. Il declino di potenza dell’una spinge l’altra a prenderne il posto.

Non vogliamo qui ripercorrere le acute discussioni di filosofia politica che, dall’antichità, sino all’evo contemporaneo, hanno contribuito ad approfondire le ragioni per le quali immancabilmente le comunità politiche (sia sotto forma di impero o di nazione o di qualsivoglia altra struttura istituzionale) si affrontano, attraverso i loro capi, i loro diplomatici, i militari (le tre tipiche professioni deputate a fare sintesi sostanziale, fra le differenti istanze, nelle relazioni internazionali), avendo per strumento la cura dei loro interessi, diversamente esposti in forma di equilibrio di potenza (dunque di deterrenza), di supremazia, di prevenzione dell’ascesa di potenziali soggetti ostili (statuali o non statuali).

Verificato empiricamente che il sol commercio non è affatto atto a prevenire guerre e che la volontà popolare, succeduta a quella di ristrette cerchie di epoca medievale e pre-novecentesca, non è sempre argine all’inizio di esse, ma, talora, ne è essa stessa una delle spinte decisive al loro scoppio (il caso delle folle plaudenti della Prima e Seconda guerra mondiale vale per noi europei come monito. In questo si può dire che l’illuminismo giuridico kantiano della “Pace Perpetua” si possa ritenere non sempre applicabile ed efficace. L’inazione dell’Onu di questi ultimi 30 anni, del resto, ne è una inoppugnabile dimostrazione), ci piace ricordare, forse un po’ pessimisticamente, quanto rispose Freud alla richiesta di Einstein sul perché esistano le guerre (carteggio del 1932 sul perché gli uomini facciano la guerra -che, alla fin fine, non è che una violenza su scala collettiva esercitata da una comunità contro un’altra). Il fondatore della psicanalisi, dopo avere dato atto delle due fondamentali pulsioni che reggerebbero l’essere umano vivente ( quelle amorose, riproduttive-sessuali e quelle tendenti alla distruzione ed alla morte, inglobate nella pulsione aggressiva-distruttiva, operante sia sul piano dei rapporti fra singoli, che su quello dei rapporti fra collettività), conclude la lettera al Nobel per la fisica così:” Per gli scopi immediati che ci siamo proposti da quanto precede ricaviamo la conclusione che non c’è speranza di poter sopprimere le inclinazioni aggressive degli uomini” (in www.officinamentis.com).

Questa poco piacevole affermazione, naturalmente, non teneva conto della possibilità di manipolazione della fisiologia umana per mano dell’uomo, quale oggi si prospetta.

Se, quindi, accediamo all’analisi di Freud, ne deriva che tutte le teorie del realismo politico sin qui prodotte, da Tucidide ad oggi, assumono una ancor maggiore plausibilità e fondano la base della cosiddetta Realpolitik.

Il saggio dell’ambasciatore Massolo, in questa chiave, ha, fra gli altri, l’indubbio merito di darci la sveglia per prepararci ad un periodo di maggiore rischio bellico e, dunque, di necessario aumento della nostra capacità militare di difesa, sino ad ora appaltata alla Nato.

Scrive, infatti, l’autore:” Lo scudo degli Stati Uniti e della Nato, per l’Italia e per l’Europa, non è più un assegno in bianco: dobbiamo guadagnarci il nostro ruolo nel mondo, con la disponibilità ad assumere l’onere delle nostre decisioni. E l’evoluzione dell’America verso atteggiamenti isolazionisti ed introspettivi- che rischiano di accentuarsi- dovrebbe rappresentare un incentivo ineludibile ad intraprendere questa via. Scegliere il burro evitando per quanto possibile i cannoni, in un mondo dov’è la realpolitik a prevalere, non basta più” (Realpolitik, p.14 cit.).

Da questa premessa che fotografa lo stato esistente delle relazioni fra Stati (tutt’ora strumento imprescindibile del quale non si vede ancora nessuna razionale e plausibile alternativa, anche sotto il profilo dogmatico teorico. Su questo aspetto si segnala lo sforzo intellettuale pregevole di Dario Fabbri con “Geopolitica umana”, Gribaudo, 2023, in cui, da pag.24 in avanti, fornisce utilissimi spunti a sostegno della formula statuale nazionale) derivano alcune importanti azioni da intraprendere per l’Italia:1) la diversificazione delle fonti di energia (per non dipendere troppo da alcuni paesi), 2) il controllo degli investimenti stranieri in beni di uso pubblico e dai quali dipende la nostra libertà (reti di ogni tipo, infrastrutture di viabilità, industria, finanza, tecnologia, farmaceutica, medicina, alimentare, spazio e difesa) attraverso lo strumento anche del potere di veto (Golden Power) governativo 3) il controllo (anche sottomarino) delle aree cruciali del Mediterraneo, allargato al Mar Rosso, all’Adriatico, all’Africa del nord e centrale, 4) il presidio dei colli di bottiglia all’interno di questo specchio di mare che si apre all’Atlantico ed al Pacifico al fine di mantenerlo libero e navigabile per i nostri commerci e per prevenire attacchi da quelle direttrici all’Italia (pensiamo alla missione navale Aspides in corso, importante anche per mantenere più contenuta l’inflazione in Italia) 5) un monitoraggio anche dei collegamenti terrestri col resto dei nostri stati confinanti, specialmente in vista di cambi di posizionamento politico degli stessi nell’arena internazionale 6) il via libera al piano per l’Africa in termini di investimenti, ricerca, materie prime, stabilizzazione interna, istruzione di classi dirigenti locali, nostre basi, energia e commerci 7) occorre perseguire nuovi accordi con Paesi alleati (che si aggiungono a quelli già firmati). In questo quadro l’ampia cooperazione difensiva con Regno Unito e Giappone andrebbe ancor più incoraggiata ed estesa.

Tutto questo non sarebbe, però, possibile se non si arrivasse in breve tempo alla spesa del 2% del PiL per le forze armate.

L’esigenza di mantenere ed ampliare (se possibile) il nostro stato sociale (in aderenza ai principi della Costituzione e dell’economia sociale di mercato dello stesso Trattato UE- art.3) e quella dell’incremento della capacità di difesa vanno tenute di pari passo come binomio ineludibile.

In questo quadro, quindi, occorre dire che un patto di stabilità europeo troppo rigido comprometterebbe la nostra agenda sociale (troppo poco sottolineata ad oggi da provvedimenti ampliativi) e la nostra sicurezza nazionale in una prospettiva di lungo periodo.

Venezia, 29 Luglio 2024

Articoli simili

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *